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Il futuro della comunicazione culturale

Quali sono gli scenari che si stanno delineando nel modo in cui gli enti culturali si trovano oggi a comunicare, ancora di più dopo gli avvenimenti di questi ultimi anni?

Quali nuove opportunità si possono cogliere, in un approccio integrato di marketing e comunicazione della cultura?

Questo articolo, che riporta in toto il capitolo finale della seconda edizione di Comunicare la cultura, oggi di Andrea Maulini, raccoglie un lavoro di analisi delle tendenze e delle potenzialità offerte da nuovi strumenti, come il digitale, e da nuovi mindset applicati al mondo della cultura.


La rivoluzione della pandemia 

Dalla precedente edizione di questo libro (2019) a oggi, come è noto, nel mondo è avvenuta una vera e propria rivoluzione, di cui probabilmente vivremo le conseguenze ancora per anni. 

Il settore della cultura è stato tra i più colpiti dallo stop all’economia che il Coronavirus ha imposto nel 2020 e negli anni successivi: mostre e musei hanno dovuto interrompere la loro attività, i teatri hanno aperto a singhiozzo e con forti restrizioni nel numero dei posti, i festival si sono svolti in tempi ridotti, se non direttamente online. Anche le riaperture successive hanno vissuto momenti non semplici, con contingentamenti, blocchi, chiusure totali o parziali ecc. 

Anche il pubblico, naturalmente, ha risentito di questa crisi. Nello spettacolo dal vivo il calo di spettatori, e ancor più di abbonati, è rilevante; i musei e le mostre vedono un leggero recupero, anche grazie al rinnovato flusso turistico verso l’Italia almeno nel periodo estivo, ma si è ancora lontani dai livelli degli anni precedenti. 

Come hanno reagito gli enti culturali a questi avvenimenti? Che cosa è rimasto delle iniziative messe in atto per fare fronte alla prima emergenza, e quanto c’è ancora da fare per gestire cambiamenti che appaiono, come detto, fondamentali e di lungo periodo? Vediamo qui di seguito un focus sugli elementi a nostro parere più rilevanti. 

Una “nuova” utenza online 

Come detto nei precedenti capitoli, uno dei principali effetti della pandemia è stato il forte aumento o, per meglio dire, l’esplosione dell’online e, in particolare, dei social. Nel mondo, come accennato, in un solo anno sono arrivati più di 420 milioni di nuovi utenti, con un aumento di più del 10%; in Italia oggi le persone che li usano sono più di 43 milioni (poco meno del 72% della popolazione), con un aumento del 5,4% rispetto all’anno precedente. Le previsioni, peraltro, sono di una ulteriore crescita degli utenti e anche di un incremento dei social utilizzati. 

Questo naturalmente ha portato le aziende di tutti i settori a prestare un’attenzione sempre maggiore a questi mezzi, spostando gli investimenti pubblicitari in maniera crescente verso l’online. 

Anche le strutture culturali, pur se lentamente, hanno iniziato a seguire questa direzione. Ad esempio, cominciando (finalmente) a muoversi in maniera più coordinata: sono molti gli enti che hanno deciso di far seguire la comunicazione social, e spesso anche i siti internet, a personale specializzato, avvalendosi di esterni (professionisti e/o agenzie) ma anche riposizionando risorse interne. E anche di attivare nuovi social: oltre ai tre che abbiamo indicato come principali (Facebook, Instagram e YouTube) – di cui vi abbiamo parlato in questo articolo – presenti in gran parte delle strutture culturali medio-grandi italiane, molti hanno aperto LinkedIn, per rivolgersi a un target professionale e aziendale; altri, soprattutto tra i musei, stanno cominciando a sperimentare TikTok, oppure Twitch e altri social. 

Un altro mezzo che in questo periodo si è distinto per efficacia è la newsletter. Chi la propone ha visto decisamente aumentare gli iscritti alle mailing list, e migliorare notevolmente, spesso con incrementi a due cifre, i tassi di apertura e di lettura. È quindi un mezzo a cui si stanno apportando parecchi miglioramenti, da un punto di vista di contenuti e anche per quanto riguarda la leggibilità e la grafica. 

Ma le iniziative di contrasto al periodo pandemico che hanno avuto indubbiamente più notorietà e diffusione sono state per i musei un deciso investimento sui contenuti online, in particolare video, ma ancora di più, per i teatri, l’apertura di canali streaming dedicati. 

Vediamo, qui di seguito, quali azioni sono state condotte in questo ambito e che cosa è rimasto attivo ad oggi. 

I contenuti online e lo streaming 

Le strutture culturali trovano, naturalmente, nella fisicità il loro punto di forza: uno spettacolo teatrale si realizza pienamente solo dal vivo, una mostra e un museo sono quantomeno complicati da visitare online, di un festival si apprezzano particolarmente l’atmosfera e la “magia” che si creano tra i protagonisti, il pubblico e i luoghi in cui si tengono gli eventi. Tutte cose che sul web e sui social sono solo parzialmente riproducibili, o non lo sono per nulla. 

Per questo, quando nel 2020 in brevissimo tempo il mondo si è dovuto praticamente fermare, la prima reazione degli enti culturali (e non solo…) è stata di shock: spettacoli, mostre, eventi sono stati interrotti improvvisamente, con notizie sempre più drammatiche che venivano date ogni giorno e forti preoccupazioni per il futuro, della cultura e non solo. 

Poi, una volta capita l’entità dell’emergenza nonché i tempi lunghi per uscirne, e grazie anche al fatto che gran parte degli enti finanziatori della cultura (oltre al Ministero, organismi territoriali, fondazioni ecc.) hanno confermato le erogazioni estendendole, almeno parzialmente, anche al 2021 e al 2022, le strutture culturali hanno cominciato a cercare soluzioni che consentissero di affrontare il momento di instabilità. La scelta si è indirizzata principalmente verso l’online: non solo rafforzando i canali esistenti o aprendone di nuovi ma, per i musei, sviluppando iniziative di divulgazione e di coinvolgimento anche attraverso canali creati ad hoc; per i teatri soprattutto con il lancio o il potenziamento di canali streaming. Vediamo nei prossimi paragrafi le diverse iniziative intraprese1.

1L’impatto della pandemia sui festival ha portato, per alcuni, all’annullamento dell’edizione 2020. Altri, invece, hanno concentrato gli eventi in pochi giorni, spesso spostandoli alla fine dell’estate, quando l’impatto del virus era minore.  
  • I musei: divulgazione e coinvolgimento 

Molti musei, non solo in Italia, hanno reagito alla pandemia creando tour virtuali, con percorsi in 3D all’interno delle sale e la possibilità di ingrandire le immagini delle opere in esposizione cliccando per dettagli e approfondimenti. La relativa staticità di una visita così realizzata e la notevole differenza rispetto a un’esperienza dal vivo, tuttavia, hanno “costretto” fin da subito a un battage di comunicazioni, in particolare multimediali, per mantenere alti l’attenzione e l’interesse del pubblico in attesa della riapertura, con iniziative di divulgazione e promozione delle collezioni e delle opere esposte, ma anche di coinvolgimento degli utenti. 

È nata quindi l’iniziativa #museichiusimuseiaperti, patrocinata dal MiBACT che, nell’ambito della campagna #iorestoacasa, promossa dallo stesso Ministero, aveva l’obiettivo di “raccontare virtualmente le opere in attesa che possiate tornare ad ammirarle con i vostri occhi”, come riportato dal sito del Ministero. Molti musei quindi, tra cui il MANN di Napoli o il Museo archeologico nazionale delle Marche, hanno messo online filmati, cortometraggi o documentari estratti dagli archivi. Altri hanno realizzato contenuti ad hoc, come ad esempio “Le passeggiate del Direttore” del Museo Egizio di Torino, dove il direttore Christian Greco accompagnava gli utenti in una serie di visite guidate all’interno della vastissima collezione del museo, oppure #storieaportechiuse del Museo della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci di Milano o ancora #PoldiPezzoliStories del Museo Poldi Pezzoli di Milano, che ogni giorno raccontava sui suoi profili Facebook e Instagram un’opera scelta tra le sue collezioni o la sede museale stessa. Il Poldi Pezzoli, peraltro, ha organizzato anche #PoldiOpen, una serie di visite guidate online (via Zoom) a pagamento alle mostre aperte in quel periodo dedicate in particolare al pubblico anziano, il più colpito dalla pandemia di Covid-19. 

Altri musei hanno proposto quiz interattivi, giochi, iniziative promozionali, riscuotendo un buon successo. 

Anche all’estero, la risposta dei musei alla pandemia è stata simile a quella degli enti italiani. Con esempi di assoluta eccellenza, come il meraviglioso viaggio virtuale all’interno del Museo Ermitage di San Pietroburgo promosso dalla stessa Apple in occasione del lancio dell’iPhone 11 Pro dove un unico piano sequenza porta l’utente per 5 ore, 19 minuti e 28 secondi in una visita all’interno di 45 delle sale più belle del museo. 

Una volta terminata l’emergenza, non molti musei purtroppo hanno portato avanti le iniziative organizzate tra il 2020 e il 2021, anche se alcuni, sulla base delle esperienze accumulate, hanno comunque rafforzato la propria comunicazione online, in particolare il canale YouTube. 

Forse però, considerando ciò che si è messo in campo in quel periodo, si potrebbe fare di più. 

I teatri: lo streaming 

Per i teatri il discorso non è dissimile da quello per i musei, anche se con qualche eccezione. 

Prima della pandemia i canali streaming dedicati al teatro e alla musica nel mondo erano pochi, e ancor meno in Italia. A livello internazionale, già si distingueva per la sua eccellenza la Digital Concert Hall dei Berliner Philarmoniker lanciata addirittura nel 2008, propone ogni anno in Full HD, su un sito dedicato, più di 40 concerti online, gran parte dei quali in diretta, oltre ad alcuni concerti rieditati e rimasterizzati tra i più importanti nella storia di quella che è probabilmente l’orchestra più famosa al mondo. Il tutto con delle formule di membership settimanale, mensile o annuale che consentono l’accesso anche all’archivio degli oltre 650 eventi trasmessi finora. E a conferma di questa eccellenza anche dal punto di vista delle strategie di marketing la Digital Concert Hall, poco dopo l’inizio della pandemia e per gran parte del 2020, ha proposto una membership gratuita di un mese (invece dell’abituale settimana), che ha portato, terminata la prova, a un forte incremento delle iscrizioni a pagamento, rafforzando ulteriormente la diffusione e il successo di questa piattaforma. 

Anche altre istituzioni teatrali e musicali, in particolare i teatri d’opera, avevano già fatto negli anni precedenti alcuni passi verso il lancio di canali streaming. Interessanti, a questo proposito, due progetti trasversali nel campo dell’opera, sviluppati prima della pandemia e sostenuti in gran parte da fondi pubblici: OperaVision, una piattaforma finanziata nell’ambito del progetto dell’Unione Europea Creative Europe, che trasmette in streaming spettacoli di 29 teatri appartenenti a 17 paesi europei e, in Italia, OperaStreaming un’iniziativa della Regione Emilia Romagna che programma, su un canale dedicato YouTube, opere in streaming degli enti lirici e dei teatri di tradizione, appunto, emiliano-romagnoli. 

La pandemia, come dicevamo, ha indubbiamente accelerato le iniziative in questa direzione: a nostro parere, tuttavia, non tutti si sono mossi in maniera ottimale. Spesso lo streaming è stata una scelta avviata più per far fronte a un’emergenza che per la volontà di creare una modalità di comunicazione rivolta a un nuovo pubblico o anche al pubblico attuale, ma in maniera innovativa. Sono quindi nati un po’ disordinatamente portali, canali YouTube o addirittura pagine Facebook che proponevano in streaming filmati storici, documentari, riprese d’archivio spesso di qualità decisamente migliorabile (chi scrive ricorda, ad esempio, di avere assistito a un’opera lirica con ripresa stessa dalla telecamera di sicurezza, con video sgranatissimo e audio quasi inascoltabile). Anche chi ha deciso di investire realizzando riprese per spettacoli messi in scena ad hoc non sempre è riuscito a costruire un prodotto di qualità, a causa dei budget ristretti ma anche della relativa inesperienza in questo campo. 

Conseguentemente terminata l’emergenza, o almeno la sua prima fase, molti canali sono stati abbandonati o aggiornati solo in maniera sporadica. Con qualche eccezione: ai pochi storici canali italiani di streaming, come quelli del Piccolo Teatro di Milano o del Teatro Carlo Felice di Genova, se ne stanno infatti progressivamente affiancando altri, alcuni anche con aree a pagamento, in via di rafforzamento e di miglioramento. 

Come noto, poi, a maggio 2021 il MiBACT ha lanciato la piattaforma IT’sART che ha l’obiettivo di costituire una sorta di “hub” per le strutture culturali italiane, dove inserire gli streaming di spettacoli teatrali e musicali, ma anche di cinema e musei, visibili gratis o a pagamento. Nonostante sia stata definita, in fase di lancio, “il Netflix della cultura italiana”, questa piattaforma appare ancora piuttosto in difficoltà. 

Anche all’estero molte strutture teatrali e musicali hanno lanciato nel 2020 piattaforme di streaming, per poi chiuderle o seguirle con meno attenzione quando la situazione pandemica è migliorata. Con anche casi di rilievo, come il Cirque du Soleil che, il 19 marzo 2020, a pochi giorni dall’inizio della pandemia, dopo avere sospeso tutti i 44 show in quel momento in tournée nel mondo ha licenziato ben 4.769 persone (cioè il 95% dello staff) e dopo pochi giorni ha aperto CirqueConnect, un megasito di streaming e contenuti esclusivi. Sito attualmente ancora online, ma con molti meno contenuti rispetto a prima e un aggiornamento piuttosto carente (intanto gli spettacoli, progressivamente, sono ripartiti dal vivo). Oppure “The Shows Must Go On”, il canale YouTube aperto da Andrew Lloyd Webber, probabilmente il più famoso autore di musical di tutti i tempi (Jesus Christ Superstar, Cats, The Phantom of the Opera ecc.) che programmava una volta alla settimana in streaming gratuito (con donazione libera a onlus ed enti no profit) gli spettacoli più noti di questo autore. Canale che ora contiene solo i promo e qualche altro contenuto originale relativo agli spettacoli in scena, naturalmente dal vivo, al momento. 

La pandemia ha costituito tuttavia anche un’importante occasione per alcune istituzioni, in genere (come per altri casi citati in questo libro) appartenenti al mondo anglosassone, per dare vita a vere e proprie eccellenze in questo campo. 

Come BroadwayHD, lanciato a fine 2021, che offre a pagamento, in diretta o on demand, oltre 300 show programmati a Broadway ma anche nel London West End. 

O piattaforme, sempre a pagamento, lanciate dai teatri più grandi, come globeplayer.tv del Globe Theatre di Londra o ntathome del Royal National Theatre, anch’esso di Londra, che stanno progressivamente aumentando il loro fatturato

Tutte iniziative che hanno in comune l’altissimo livello di contenuti e di tecnologie, con riprese in HD, soluzioni di grande impatto visivo, regie a livello cinematografico. Citiamo come esempio il memorabile Frankenstein del Royal National Theatre, peraltro registrato qualche anno fa, con la regia di Danny Boyle (Trainspotting) e l’interpretazione di Benedict Cumberbatch e Jonny Lee Miller, attori cinematografici e televisivi di fama mondiale, che è stato lo spettacolo di lancio, nel 2020, di ntathome. 

In sintesi, per contrastare Netflix e gli altri portali di entertainment in streaming, che molte strutture culturali identificano a torto o a ragione come concorrenti importanti e pericolosi, occorre investire sull’alta qualità, da tutti i punti di vista. Iniziative artigianali, o realizzate in fretta e con mezzi limitati, difficilmente porteranno al successo; anzi il potenziale nuovo spettatore, di fronte a queste proposte, probabilmente si allontanerà dal mondo del teatro, non si avvicinerà di certo. 

Piuttosto, allora, meglio potenziare i propri canali online, video ma non solo, con contenuti originali, freschi, con un taglio e un linguaggio che solo chi conosce il proprio pubblico e lavora “dentro” a questo settore può avere. 

È il momento del marketing 

All’inizio di questo capitolo abbiamo parlato del rilevante calo del pubblico e dei partecipanti alle attività culturali, che rappresenta una delle conseguenze più importanti della pandemia. Un calo certamente dovuto ai timori legati al Coronavirus, ma anche a un cambiamento che appare più di lungo periodo, a partire dalle abitudini personali e familiari: si esce, e si spende di meno e si passa più tempo libero in casa, anche per la forte crescita dei canali televisivi via satellite e, come abbiamo visto, dello streaming. 

Un cambiamento importante, per gestire il quale occorre mettere in campo competenze strutturate e professionali: l’identificazione e il monitoraggio continuativo dei clienti attuali e dei prospect; l’analisi delle potenzialità della propria offerta; la definizione di un portafoglio di prezzi con il giusto rapporto di value for money; una comunicazione differenziata e multimediale, che presti particolare attenzione a un nuovo pubblico, più giovane e decisamente più digital; nuovi canali di vendita, flessibili e smart, con possibilità di offerte sempre più personalizzate

Occorre quindi, finalmente, introdurre un approccio completo di marketing della cultura. Uno strumento, o meglio una serie di strumenti che vedono ancora una poco comprensibile ritrosia alla loro completa attivazione, come se questa comportasse una forzatura o, ancora peggio, una “svendita” al mercato. 

Andrea Maulini


Per gentile concessione di Editrice Bibliografica

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Quali social per la comunicazione degli enti culturali?

In questo articolo, Andrea Maulini ci illustra il potenziale dei social media per la comunicazione del settore culturale, stilando un ranking che individua i canali più strettamente necessari, quelli invece importanti e infine quelli utili per costruire una comunicazione efficace.


La nuova edizione del mio libro Comunicare la cultura, oggi, che è stata appena pubblicata e che potete trovare qui e da qualche giorno anche nelle librerie e sui portali on-line contiene, tra l’altro, la versione aggiornata di un grafico con cui i miei allievi sono abituati ad avere a che fare: la lista dei social media che, dalla mia esperienza, sono quantomeno utili per la comunicazione di un ente culturale.

Per questo motivo, la riporto qui di seguito (fig. 1), con un commento che illustra le motivazioni legate ad ogni social riportato nella figura e le possibili declinazioni per gli enti culturali. Una necessaria puntualizzazione: quella che troverete di seguito è una sintesi delle numerose pagine dedicate a questi argomenti all’interno del mio libro, a cui quindi rimando per qualunque approfondimento.

Fig. 1 – Ranking social media per la comunicazione della cultura, da “Comunicare la cultura, oggi”, A. Maulini, 2022.

Una breve premessa: per definire questi mezzi di comunicazione si parla spesso indifferentemente di “media” o di “network”, considerando queste due espressioni come sostituibili.

Invece, social media e social network, a mio parere, indicano due tipologie di mezzi di comunicazione differenti, dove il primo termine, social media, contiene anche il secondo:

• i social media sono infatti dei mezzi di comunicazione che condividono sul web testi, immagini, audio, video, contenuti multimediali verso tutti gli utenti;

• i social network, invece, costituiscono, come dice la parola, delle reti sociali, cioè reti di persone che condividono contenuti di varia natura con altre persone a cui sono collegate da un qualche tipo di relazione.

Il concetto di social media è quindi molto più ampio, poiché non richiede necessariamente all’utente l’iscrizione, o la partecipazione a una rete, per avere accesso ai contenuti: la fruizione è libera e gratuita. Anzi, spesso l’obiettivo è assicurare la massima possibilità di condivisione e viralizzazione degli stessi. Sono social media, quindi, siti di video come YouTube (anche se con l’introduzione di YouTube Premium sta spingendo leggermente di più, ma non troppo, gli utenti verso l’iscrizione) o Vimeo; di audio come SoundCloud; di immagini come Flickr e, almeno per la consultazione, Instagram; di testi come i blog ecc.

Social network sono invece siti che sono accessibili, o comunque pienamente utilizzabili, solo previa iscrizione. Sono social network quindi siti di contenuto come Facebook o LinkedIn; di immagini come Pinterest e, pensandolo in un’ottica di rete e non di sola consultazione, Instagram; di audio come Spotify; di testi come Twitter ecc.

Una distinzione, come si vede, fondamentale, che costituisce una delle basi per la definizione di una strategia efficace di social media marketing.

Ma passiamo al ranking riportato in figura: come si vede, i social da prendere in considerazione per la comunicazione di un ente culturale sono, a mio parere, in totale 10. Un numero piuttosto esiguo, a fronte delle numerosissime iniziative nate nel mondo con queste finalità. Tra di essi, alcuni sono dedicati solo, o soprattutto, alle immagini (Pinterest e Flickr, ma anche Instagram), altri ai video (YouTube e Vimeo, ma anche TikTok e Twitch), altri supportano in maniera integrata diversi tipi di contenuti, come Facebook, Twitter e LinkedIn.

Vediamo brevemente qui di seguito i diversi social media riportati nella figura 1.

Principali

I social principali sono quelli che dovrebbero essere utilizzati sempre da un ente culturale (e non solo), per la loro diffusione, la flessibilità, la coerenza con una comunicazione complessa come quella della cultura:

  • Facebook: per l’enorme diffusione (quasi 3 miliardi di utenti attivi; sì, avete letto bene), ma anche per il taglio dei contenuti (è il social più adatto per lo storytelling, l’asset di comunicazione più coerente con le istituzioni culturali), la flessibilità e la multimedialità. Inoltre, più di un utente su due ha un’età, almeno in Italia, tra i 30 e i 55 anni, proprio la fascia dove maggiore è la concentrazione di pubblico della cultura.
  • Instagram: con quasi un miliardo e mezzo di utenti, è uno dei social a più alto tasso di crescita nel mondo, come numero di utenti e come numero di contenuti. Inoltre, ha introdotto, e continua a introdurre, innovazioni di rilievo: nella modifica delle immagini, un suo storico punto di forza, nelle stories, diventate uno strumento fondamentale di questo social, nella IGTV (ora Instagram Video), nei Reel, nelle nuove Live Rooms ecc…
  • YouTube: secondo sito più visitato al mondo, dopo Google e prima di Facebook, visualizza ogni giorno più di un miliardo di ore di video. Inoltre, pochi lo sanno, ma è il secondo motore di ricerca web dopo Google.

Importanti

Sono social che possono essere, in alcuni casi, molto utili per gli enti culturali. Vediamoli di seguito:

  • LinkedIn: è l’unico social di rilievo specificamente dedicato al business e al mondo degli affari, un campo che interessa moltissimo agli enti culturali. Anche in questo settore

opera, infatti, un consistente numero di attività business to business: compagnie teatrali, operatori culturali, servizi tecnici, di trasporto, di assicurazione (ad esempio per le mostre) seguono tutti questa logica. Inoltre, su LinkedIn si può cercare, e offrire, lavoro, trovare numerosi contenuti formativi, anche gratuiti, entrare in contatto diretto con aziende per richiesta servizi, possibili sponsorizzazioni ecc…

  • Pinterest: utile se si hanno a disposizione, o se si possono realizzare, immagini di alta qualità e “iconiche”, di cui in genere le istituzioni culturali dispongono in gran numero. Inoltre, sta investendo molto per diventare un “motore di ricerca visuale”, con funzioni di e-commerce evolute.
  • Twitter: è un social impegnativo e che deve essere seguito con costanza. È utile, quindi, solo in situazioni specifiche, ad esempio se si è all’interno di un sistema continuativo di informazioni e news e/o se si ha un target internazionale.  La recente acquisizione da parte di Elon Musk, se confermata, potrebbe dare il boost che Twitter attende da anni.

Utili

Sono social media che possono essere utilizzati per esigenze specifiche, o nel caso di sistemi di comunicazione continuativi e strutturati. Vediamoli qui di seguito:

Vimeo: le parole d’ordine di questo social dedicato ai video (il cui nome è l’anagramma di Movie, ma anche la parola Video con al centro Me) sono originalità e alta qualità. Due termini che nel settore culturale hanno un grande campo di azione: alla documentazione video, che è una delle storiche modalità di testimonianza e archiviazione degli eventi e delle iniziative realizzate, si affiancano in molte strutture dei videomaker con collaborazioni continuative o addirittura, negli enti più grandi, veri e propri settori interni dedicati a queste attività.

TikTok: il social a più alto tasso di crescita nel mondo. Molto usato dai giovanissimi e diffuso soprattutto nei paesi asiatici (è, peraltro, di origine cinese) è utilizzato anche da alcuni enti culturali, soprattutto musei (tra cui gli Uffizi, il Rijksmuseum di Amsterdam, il Museo del Prado di Madrid). Appare molto adatto al Personal Branding, e quindi anche alla comunicazione dei personaggi dello spettacolo e della cultura.

Twitch: di proprietà di Amazon, è stato fondato nel 2011, ma è esploso solo negli ultimi anni. Grazie a una piattaforma streaming semplice ed efficiente e alla possibilità per gli utenti di interagire tra di loro e con chi comunica in tempo reale ha una grandissima diffusione tra i gamer, cioè i videogiocatori che giocano online, prima presenti quasi esclusivamente su YouTube, e tra i musicisti, che organizzano concerti dal vivo e anche su richiesta. Le sue caratteristiche, però, lo rendono molto potenziale anche per altri utilizzi, legati ad esempio alla creatività, alla formazione, all’interazione live con un pubblico.

Flickr, nato come catalogo online per fotografi, non ha mai veramente cambiato pelle, nonostante alcuni aggiustamenti grafici e funzionali, che non hanno tuttavia particolarmente migliorato la sua scarsa rilevanza, ancora di più per un settore, come quello culturale, che vede nella qualità e nella bellezza delle immagini un indubbio punto di forza. Lo cito, comunque, perché è ancora usato da alcune istituzioni culturali, soprattutto all’estero, e anche da qualche territorio, come la Svizzera, che peraltro ha uno dei più completi sistemi di comunicazione digital al mondo.

Avete domande, riflessioni, opinioni da condividere?

Scrivetemi a andrea@profili.eu

Andrea Maulini

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Marca e Marketing, le armi del B2B

C’è una definizione che mi ha colpito per la semplicità e l’immediatezza con la quale esprime il concetto di marca: brand vuol dire prendere qualcosa di comune, allo scopo di migliorarlo, in modo che acquisti significato e venga valorizzato (S. Bedbury, 2002).

Questa definizione ci spiega, senza fare distinzioni tra mercato b2b o b2c, come un qualsiasi prodotto o servizio possa assumere un valore superiore alle sue reali qualità. Un prodotto/servizio inteso nella sua accezione più ampia, dalla lattina di una bevanda zuccherata ad una seggiola da cucina, fino ad un software gestionale, ha bisogno di acquisire fedeltà, migliorare la sua reputazione e trasformarsi in una richiesta da parte del cliente.
Creare una marca che abbia, quindi, tutti gli attributi per essere solida ha un enorme peso negli equilibri generali di un’azienda, perché diventa una garanzia di qualità, di performance del prodotto oltre che di differenziazione dalla concorrenza.

Ancora di più nel Business to Business. È recente, infatti, il cambio di visione che il settore b2b ha adottato riguardo a come approcciarsi al proprio target. 

In passato si era convinti che priorità e modalità di azione di un’azienda b2b richiedessero di concentrare la propria attenzione nel massimizzare le transazioni commerciali tra imprese, mentre nel settore b2c la priorità fosse quella di “puntare” al consumatore finale. 

Questa visione errata ha portato a sottovalutare la centralità della costruzione della marca come elemento primario anche nella definizione dell’offerta nel commercio business to business. La scelta è ricaduta sulla più facile e diretta delle strategie da adottare: puntare su di una politica di forte vocazione alle vendite, mettendo nelle mani del sales department l’onere, più che l’onore, di fare crescere l’azienda sfruttando la propria personale capacità relazionale e di performance, relegando il reparto marketing quasi ad un ruolo di “sparring partner”. Il marketing doveva, in pratica, svolgere la sola mansione di supporto al settore commerciale, in un’ottica di breve periodo che poteva dare risposte più o meno concrete alla proprietà ma che, in una logica di costruzione di solidità aziendale, non garantiva alcuna stabilità; al contrario, portava l’azienda ad essere sempre più in balia dei trend di mercato e della volatilità dell’offerta.

marketing b2b

Costruire il valore di un brand rappresenta invece la possibilità di stabilizzare le performance di vendita e determinare le fondamenta su cui l’azienda potrà vivere negli anni futuri, dando la possibilità di programmare investimenti a medio/lungo periodo.

Andando ad analizzare più in profondità il settore b2b, sono molteplici le incognite che si frappongono e allungano i tempi per raggiungere i budget di vendita: i tempi per prendere le decisioni sono più lunghi del b2c, gli attori che possono intervenire sono molteplici, le informazioni che devono essere prodotte a supporto della vendita sono molte, gli aspetti funzionali relativi ai prodotti o ai servizi che devono essere comunicati sono più numerosi che nel mercato b2c.

Il cambiamento a cui la digital transformation sta conducendo il settore b2b cela al suo interno una serie di aspetti su cui riflettere. I processi di acquisto a cui le aziende fanno riferimento per attrarre i buyers industriali, ad esempio, si svolgono attraverso un customer journey nuovo, diverso da quello che è stato il campo da gioco in cui le aziende si sono mosse per molto tempo. Inoltre, nell’ultimo periodo la situazione pandemica ha accelerato con decisione la consapevolezza, da parte dei buyers, del potere della relazione digitale.

L’elemento che più di ogni altro ha cambiato le regole del gioco è il valore che ha acquistato il fattore di “anteriorità” dell’informazione verso le aziende e le loro offerte. Sempre più, infatti, la vendita si struttura prima che il venditore e il compratore si incontrino per conoscersi. Il raggiungimento di una brand equity solida, attraverso un’azione di comunicazione che parta dalla costruzione di un percorso di brand awareness consapevole e strutturato, è quindi essenziale per poter esprimere tutto il potenziale di un’azienda.

Conoscere bene il proprio interlocutore, capire le sue necessità, intercettare i suoi bisogni fino ad anticiparli diventa quindi cruciale e prioritario.

Marketing e vendite, oggi più che mai, devono quindi dialogare a strettissimo contatto e integrarsi, per esprimere al meglio gli attributi della propria offerta. 

Il brand assume il ruolo di artefice nella semplificazione dei processi decisionali e nella riduzione del rischio percepito. Avere cura del proprio brand non è perciò solo indice di una visione a lungo termine ma rappresenta il modo migliore per portare avanti un’azione concreta di sales activation.

Dino Piccinelli

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Alta Umbria 3.0

Alta Umbria 3.0

Il progetto

L’Alta Umbria è un territorio geograficamente circoscritto, che abbraccia 15 comuni a nord della regione. Territorio eterogeneo in termini di risorse e peculiarità, è caratterizzato da un turismo di tipo familiare, di permanenza breve e stagionale. Profili ha intrapreso azioni di promozione del territorio nella sua globalità attraverso una comunicazione strategica ragionata, multilingue e mirata al coinvolgimento di un pubblico più ampio. In particolare, il progetto mirava a risolvere le principali criticità del sistema turistico locale: la bassa permanenza sul territorio dei visitatori e la “stagionalità” dei flussi turistici attraverso la creazione di contenuti emozionali che ampliassero i target di riferimento e costituissero una solida identità del territorio. Il lavoro ha avuto la durata di due anni, durante i quali le strategie applicate sono state differenti per via degli effetti turistici causati dalla pandemia: l’iniziale strategia mirata alla promozione a tutto tondo dell’Alta Umbria è stata sostituita dal rilancio del territorio stesso, quale solido punto di riferimento dell’identità collettiva degli abitanti.

La strategia

Il team di Profili si è occupato di definire in maniera dettagliata target e obiettivi del progetto di comunicazione, per poi predisporre un piano di comunicazione mirato ed equilibrato per assicurare un’equa visibilità a tutti i comuni e alle peculiarità territoriali. Successivamente, sono state intraprese azioni di coinvolgimento di enti territoriali e personalità importanti nello scenario dell’eccellenza territoriale sviscerata nelle seguenti peculiarità: artigiana, sportiva, naturalistica, religiosa e gastronomica al fine di convogliare gli interessi di abitanti del luogo e di turisti verso i canali utilizzati, di seguito esplicitati.

Canali attualmente attivi:

  • Sito web www.altaumbria.it
  • Pagina Facebook Alta Umbria
  • Canale Instagram Altaumbria
  • Account YouTube Alta Umbria
  • Account Pinterest Alta Umbria

Parallelamente alla creazione di una strategia di comunicazione multicanale, sono state attivate campagne a pagamento con l’obiettivo di indicizzare maggiormente i contenuti e favorire una visibilità solida e stabile.

Risultati raggiunti

La complessa strategia messa in atto ha permesso di accrescere la fanbase dei principali canali (rispettivamente Facebook con 36.000 utenti attivi, Instagram con 1700 utenti attivi). Gli altri canali hanno subito un implementamento dei contenuti, grazie alla realizzazione di video e reportage fotografici di qualità, raggiungendo lo standard qualitativo prestabilito. Il territorio si è posizionato tra le mete più raggiunte in termini di turismo di prossimità e ha consolidato la sua notorietà anche a livello internazionale, grazie alla comunicazione multilingue dei suoi contenuti promozionali.

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QUALI SONO LE PIU’ BELLE PUBBLICITÀ DI NATALE DEL 2020?

Come stanno comunicando i grandi brand in questo periodo natalizio? Con l’emergenza Coronavirus tutte le aziende hanno dovuto fare i conti con i cambiamenti di acquisto dei consumatori e con il bisogno di una comunicazione (un po’…) più autentica e sincera. Quindi, per quest’anno la sfida per i pubblicitari e i creativi è stata più ardua del solito: come comunicare i valori di famiglia, solidarietà, unione e tradizione, tipici del Natale, in un periodo di pandemia?

Ironici, empatici, nostalgici: ecco, per noi, alcuni tra gli spot natalizi più interessanti e coinvolgenti di quest’anno.

Amazon: The show must go on

In cima al podio per emozione ed empatia troviamo il colosso dell’e-commerce, Amazon. Al centro della narrazione abbiamo una giovane allieva di una scuola di danza in procinto di esibirsi in uno spettacolo pubblico. L’entusiasmo e la felicità vengono però frenati dalle restrizioni da Coronavirus:  bisogna restare a casa. La giovane però non si perde d’animo e continua ad allenarsi con le videochiamate: uno scenario comune a tutti gli studenti, che hanno visto cambiare repentinamente le proprie abitudini di studio. Sembra tutto pronto ma quando la ragazza riceve la lettera della scuola in cui comunica che lo show è annullato, i familiari le preparano una sorpresa. Avvisano i vicini che lo spettacolo si terrà in cortile mentre c’è chi ordina da Amazon un faro luci. Ed ecco che…the show must go on. Indossato il tutù e gli accessori con le piume la danzatrice si esibisce illuminata da un faretto Amazon, sulle note dei Queen. Tutti la applaudono dai balconi, proprio come nel primo lockdown abbiamo applaudito gli artisti che si sono esibiti cantando e suonando dalle terrazze. Lo spot di Amazon ci sembra un perfetto esempio di storytelling aziendale ai tempi del Coronavirus, molto ben riuscito.

McDonald’s UK: Inner Child 

Molto attuale ed efficace è lo spot natalizio 2020 di McDonald’s UK. In una storia animata davvero bella, una madre invita il figlio a prepararsi al Natale addobbando insieme l’albero o giocando con la neve, ma lui non partecipa, cercando di nascondere il proprio “bambino interiore”, che vorrebbe invece divertirsi e festeggiare. Ma un salto al McDonald’s sembra cambiare le cose: così il ragazzo, finalmente, si convince insieme alla madre, tanto che alla fine dello spot lascia del latte e delle carote (trovate nel pacchetto di McDonald’s) davanti al camino per le renne di Babbo Natale.

Carrefour: Natale 2020

Nello spot 2020 di Carrefour Italia si mostrano chiaramente, più che in altri spot, gli effetti dell’emergenza sanitaria: i lavoratori, ad esempio, appaiono con le mascherine, impegnati a fare la spesa per chi l’ha ordinata. Lo spot segue il racconto di una lettera di una bambina per Babbo Natale: “Caro Babbo Natale, quest’anno è stato strano strano…” dice il voice-over. Alla fine la bambina mette fuori dalla porta di casa la lettera con i biscotti e il latte, e mentre un commesso di Carrefour prende in mano la lettera appare Babbo Natale, che si stupisce perché il commesso è arrivato prima di lui. Payoff finale: “Noi non siamo Babbo Natale, ma quest’anno faremo del nostro meglio per portare un buon Natale a tutte le famiglie”.

Tesco: No Naughty List

E’ di Tesco, la catena di negozi alimentari britannica, lo spot più vivace e pop di quest’anno. Sulle note di Britney Spears “Oops!…I did it again”, si alternano diversi personaggi che confessano i propri “peccati” fatti durante il lockdown: “E se fossi sulla lista dei cattivi?” è il ritornello dello spot. “Relax. Dopo un anno così Tesco ti dice che non esiste una lista dei cattivi!”. Secondo Tesco tutti sono (siamo) perdonati per l’anno difficile passato, quindi è permesso mettere qualunque desiderio nel carrello della spesa. Il montaggio serrato, l’ironia delle battute e la canzone in sottofondo rendono questo spot tragicomico e brillante.

Coca Cola: Christmas Commercial 2020

Forse un po’ eccessivo lo spot natalizio 2020 di Coca Cola, quest’anno diretto da Taika Watiti, il regista di Jojo Rabbit e Thor: Ragnarok. Mentre il padre esce di casa per andare al lavoro, la figlia gli chiede di spedire una lettera per Babbo Natale. Ma, durante una pausa, mentre beve Coca Cola, il padre si accorge di aver dimenticato la lettera nella borsa e così decide addirittura di partire per il Polo Nord, per recapitarla direttamente a Santa Claus. Dopo mille avventure, trova la residenza di Babbo Natale chiusa ma per fortuna riesce a tornare a casa grazie all’iconico camion brandizzato Coca Cola, guidato da una persona che si svelerà alla fine, e a passare le feste con la figlia. 

Abbiamo raccolto questi spot per calarci nella magica atmosfera natalizia, anche perchè quest’anno abbiamo tutti davvero bisogno di empatia, emozione positiva e calore. E, proprio per questo, tutto il team di Profili, più che mai, vi augura di trascorrere un sereno Natale e uno splendido 2021!

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Le storie di Carola e Luciana

Le storie di Carola e Luciana

Il progetto

Carola Benedetto e Luciana Ciliento hanno dato incarico a Profili di costruire una strategia di comunicazione in grado di accrescere il valore della loro immagine in quanto microcosmo di attività e, naturalmente, renderle più appealing verso potenziali clienti. In particolare gli obiettivi individuati e da percorrere sono stati:

  • Rendere immediatamente identificabili le due scrittrici  e il loro percorso attraverso un «brand»;
  • Aumentare l’autorevolezza delle due esperte di cultura attingendo dai progetti del passato;
  • Accrescere la loro credibilità nell’ambito di una visione olistica dell’ambiente a livello  sovranazionale;
  • Aumentare la notorietà a  livello digitale (sito, Google, SEO) e sui social;
  • Raccontare Carola  e Luciana, trasmettendo la  loro capacità comunicativa
  • Promuovere le iniziative in cui sono coinvolte (uscita  libri, presentazioni, incontri con le scuole…);
  • Promuovere le vendite dei libri;
  • Raccontare i progetti presenti e futuri.

La strategia

Per perseguire gli obiettivi era necessario definire una narrazione chiara, esaustiva, intrigante e appassionata per due scrittrici che hanno trovato una chiave nuova per parlare del nostro Pianeta.
Ed ecco le azioni implementate:

  • Identificazione di un posizionamento e di una brand value proposition;
  • Identificazione di un Naming;
  • Realizzazione del Logo;
  • Costruzione e messa on line di una Landing page;
  • Identificazione di un Concept di comunicazione e delle parole chiave;
  • Apertura dei canali social che si sono contraddistinti per:
    Una comunicazione continuativa e aggiornata;
    La descrizione di competenza in ambienti diversi (viaggi/ecologia/eventi/scuola);
    Periodicità di postaggio fissa;
    Contenuti non esclusivamente professionali dando essenza di Carola e Luciana,  oltre a quello che fanno.

Risultati raggiunti

Tutti gli obiettivi sono stati ampiamente centrati. Abbiamo dato vita ad una nuova entità nel mondo della cultura, dotata di tutti gli strumenti necessari per potersi fare strada.
Il nostro compito era questo: ora Carola Benedetto e Luciana Ciliento possono gestire il loro “binomio” in totale autonomia, grazie anche a numerosi momenti di learning by doing, formazione su CANVA e gestione dell’immagine, suggerimenti su ulteriori attività di comunicazione.

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Mario Lavezzi

Mario Lavezzi

Il progetto

Mario Lavezzi, compositore, cantautore, produttore e talent scout, una delle più celebri firme della musica italiana, in occasione dei suoi cinquant’anni di carriera ha pubblicato un cofanetto speciale contenente tre cd e due lp che ripercorrono i suoi successi musicali sia come cantante che come autore. Inoltre ha organizzato uno spettacolo-concerto in cinque città italiane per celebrare il suo percorso artistico. A inizio 2020 ha anche pubblicato un libro in cui racconta la sua storia, tra aneddoti e ricordi. Mario Lavezzi ha affidato a Profili la sua comunicazione digital con l’obiettivo di creare una forte identità di personal branding e attestarsi come una figura autorevole nel panorama della musica italiana.

La strategia

Il primo passo per raggiungere gli obiettivi prefissati è stato quello di organizzare e riposizionare i canali digital. Per quanto riguarda Facebook abbiamo deciso di concentrare le energie su un’unica pagina in modo da avere un unico riferimento su questo social per tutte le comunicazioni dell’artista. Grazie a uno storytelling articolato e dettagliato abbiamo raccontato i cinquant’ammi di carriera di un grande artista che ha scritto la storia della musica italiana. Instagram ha invece messo in luce un aspetto più informale della vita artistica di Mario Lavezzi, mostrandone anche il lato personale, un po’ più lontano dalle scene. Ad accompagnare il racconto anche la promozione del suo ultimo lavoro e del tour nei teatri. Un altro importante obiettivo della comunicazione era quello di coltivare e far crescere la community dei fan: grazie a un costante, puntale e coinvolgente lavoro di community management, il numero di persone che seguono attivamente Mario Lavezzi è cresciuto nel tempo ed è sempre più partecipe sui suoi canali social.

In ogni modo la comunicazione social ha sempre avuto chiari gli obiettivi:

  • rafforzare la brand identity di Mario Lavezzi e la sua autorevolezza nel panorama della musica italiana
  • far crescere la community di fan
  • celebrare la sua carriera
  • mettere in risalto i successi
  • raccontare Mario Lavezzi attraverso i ricordi (spesso poco noti)
  • promozione del suo lavoro: cofanetto, concerti, libro

Risultati raggiunti

Il piano di comunicazione social realizzato si è rivelato un successo. 

Su Facebook: più di 8.000 nuovi fan, 150 contenuti pubblicati, più di 500.000 account raggiunti, 200 interazioni medie.

Su Instagram:  600 nuovi follower, 100 contenuti pubblicati, più di 70.000 account raggiunti, 147 interazioni medie.

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Idral Spa

Idral SpA

Il progetto

Idral è un’azienda italiana attiva dal 1970 nel settore della rubinetteria. I prodotti idrotermosanitari Idral sono sinonimo di sicurezza e di alto livello tecnologico. Il team di ingegneri è costantemente impegnato nello sviluppo di soluzioni a basso consumo d’acqua, nel rispetto dei requisiti d’igiene e di accessibilità per utenti a mobilità ridotta. È la prima azienda in Italia ad aver aderito (nel 2014) a Water Label, il nuovo sistema di classificazione europea per la misurazione del consumo di acqua degli articoli di rubinetteria. Inoltre, molti prodotti Idral sono certificati a livello internazionale. Profili ha cominciato la collaborazione con Idral nel 2014, con l’obiettivo di rafforzare l’identità e la conoscenza del brand fra diversi target di riferimento B2B (architetti, progettisti, grossisti). 

La strategia

Per raggiungere questo macro obiettivo sono stati attivati e potenziati alcuni canali di comunicazione, fra cui: 

  • la newsletter, uno degli strumenti principali della comunicazione push. Invio regolare (1-2 al mese) con gli aggiornamenti legati ai progetti realizzati, news, promozioni specifiche inviate a diversi target in Italia e all’estero;
  • campagne Display e Search di Google Ads, in costante ottimizzazione e fine tuning; 
  • la pagina Linkedin, con la comunicazione in due lingue. 

Risultati raggiunti

Grazie alla visione strategica e a un approccio metodico, in questi anni la comunicazione di Idral ha raggiunto questi risultati: 

  • più di 208.000 anagrafiche per l’invio della newsletter; 
  • performance newsletter: open rate del 34% (contro la media 17% del settore) e click rate del 4%;  
  • 40.000 click e 5.000.000 impression per le campagne Google Display, attivate solo per occasioni specifiche
  • passaggio da 1,75% a 2,8% di CTR per le costanti campagne Google Search per la rete di ricerca. 
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#reteteatro41

#reteteatro41

Il progetto

“La poetica della vergogna” è stato un progetto di formazione e ricerca teatrale internazionale che ha visto la sua conclusione con lo spettacolo “Humana Vergogna”, svoltosi dall’1 al 9 marzo 2019 a Matera, nell’ambito del programma di Matera 2019 – Capitale Europea della Cultura. Profili ha coordinato una ricerca sul pubblico dello spettacolo e sui partner italiani e internazionali del progetto.

 

La strategia

Per raggiungere gli obiettivi è stata realizzata una ricerca di mercato attraverso:

  • un questionario autocompilativo distribuito al pubblico dello spettacolo “Humana vergogna“, per capire la conoscenza del progetto complessivo e il gradimento dello spettacolo
  • un questionario on-line, in italiano e in inglese, inviato ai partner di progetto, italiani e stranieri.
 

Risultati raggiunti

I risultati, elaborati attraverso sistemi informatici dedicati, sono stati presentati in un report, i cui dati sono riservati, che ha consentito di comprendere il profilo, i comportamenti e la soddisfazione degli spettatori e dei partner del progetto “La poetica della vergogna”.

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Teatro Eliseo

Teatro Eliseo

Il progetto

A settembre 2015, dopo un anno di chiusura, il Teatro Eliseo di Roma ha riaperto le porte al pubblico inaugurando la stagione teatrale 2015-2016 sotto la direzione di Luca Barbareschi. 

Sei mesi prima della riapertura del teatro, il team di Profili ha cominciato a impostare una nuova linea strategica di comunicazione e marketing digitale in collaborazione con le risorse interne al teatro. Una delle sfide principali è stata quella di riconquistare e rafforzare la reputation dell’istituzione, instaurando un nuovo rapporto di fiducia con il pubblico.

La strategia

Nel dettaglio, gli obietti specifici del cliente erano vendere almeno 2.000 abbonamenti e portare in teatro almeno 60.000 spettatori nel corso della nuova stagione teatrale. Per raggiungere questi traguardi sono stati utilizzati diversi canali: il sito del teatro, con un sistema di vendite online e i social network (Facebook, Twitter, YouTube, Instagram, LinkedIn e Pinterest). La storicità e il ricco patrimonio culturale del Teatro sono diventati il fil rouge della comunicazione, attraverso l’utilizzo di rubriche come #èunastoria, per raccontare il day by day dei grandi artisti e delle compagnie, per condividere contenuti speciali o per far vedere luoghi particolari del teatro. Per rafforzare il coinvolgimento del pubblico è stato lanciato #quizeliseo, un gioco rivolto agli appassionati di teatro. Inoltre, in apposite board su Pinterest, aggiornate regolarmente, sono stati raccolti gli scatti storici dell’Eliseo. Infine per raccontare gli spettacoli al Teatro Eliseo o al Piccolo Eliseo, è stato ideato un piano di pubblicazione che includeva sia le attività online sia quelle offline, con una forte attenzione alle campagne di digital advertising (Facebook Ads e Google).

Risultati raggiunti

I traguardi raggiunti sono stati diversi e su più fronti. L’Eliseo è diventato primo teatro di prosa a Roma per il numero di fan Facebook, a meno di 9 mesi dal rilancio; sono stati venduti 3.000 abbonamenti nella prima stagione di attività e il sito Web ha superato i 100.000 visitatori unici. Il Teatro Eliseo è inoltre stato selezionato per la categoria “Small Business” nei Facebook Awards nel 2016.