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Trova e fatti trovare dal tuo pubblico: corso Digital Advertising

Il corso di Digital Adv che stavi aspettando

Avere una presenza online e saperla sfruttare al meglio per i propri obiettivi di business è ormai una prassi fondamentale. Sappiamo anche però che trovare la giusta formula per promuoversi e farsi conoscere può risultare molto complicato se non si hanno gli ingredienti adatti.

Come migliorare quindi la nostra performance delle campagne sul web a pagamento?

Per rispondere a questo e ad altri interrogativi sul tema, offrendoti una guida su come destreggiarti efficacemente nella giunga del digital advertising, abbiamo progettato il corso Trova e fatti trovare dal tuo pubblico.

Che tu sia un professionista, uno studente o un semplice appassionato, grazie ai contributi delle nostre due docenti Valeriya Kilibekova e Darca Stefanini, potrai portarti a casa un bagaglio di regole e tecniche efficaci per migliorare la tua campagna di promozione online.

STRUTTURA DEL CORSO

Il corso ha una durata complessiva di 6 ore, spalmate sul pomeriggio di venerdì e sulla mattinata di sabato, e si svolgerà online in diretta streaming.

Pensato per dare la possibilità a tutti di partecipare, è strutturato su due livelli per meglio adattarsi alle diverse esigenze di approfondimento sul tema:

  • Entry level (base) per chi è alle prime armi con le campagne adv
  • Pro level (avanzato) rivolto a cui ha già esperienza nella pianificazione di campagne, ma che intende consolidare le proprie conoscenze in maniera più approfondita

Ma non finisce qui; senza il contenuto giusto, la tua campagna digital advertising non raggiungerà mai i risultati tanto attesi! Per questo per i corsi di entrambi i livelli abbiamo incluso un modulo dedicato alle modalità di creazione di una strategia di comunicazione, grazie alla quale capirai come confezionare al meglio il tuo contenuto.

PROGRAMMA E CONTENUTI

CORSO ENTRY LEVEL

Venerdì 10 giugno 2022, dalle 14.30 alle 17.30

Modulo ADV

  • Come funzionano le adv sui social e quali sono i vantaggi
  • Campagne Facebook e Instagram ads: come scegliere l’obiettivo adatto, la durata e il budget giusto
  • Il percorso step by step per impostare una campagna. Focus sui posizionamenti, targeting, pubblico personalizzabile

Sabato 11 giugno 2022, dalle 9.30 alle 10.30

Modulo ADV

  • Lettura e interpretazione dati per poter ottimizzare le campagne

(Pausa 15 min)

Sabato 11 giugno 2022, dalle 10.45 alle 12.45

Modulo strategia di comunicazione

  • Narrazione: cos’è e perché è fondamentale
  • Le regole di un buon content strategist
  • L’immagine coordinata
  • Il piano editoriale
  • Una strategia coordinata

CORSO PRO LEVEL

Venerdì 17 giugno 2022, dalle 14.30 alle 17.30:

Modulo ADV

  • Come potenziare la strategia di promozione con le campagne Google Ads
  • Come scegliere l’obiettivo e la tipologia di campagna giuste, in base alle proprie esigenze 
  • Targeting: come scegliere il pubblico giusto e come raggiungerlo

Sabato 18 giugno 2022, dalle 9.30 alle 10.30

Modulo ADV

  • Dati di proprietà per le campagne ancora più performanti: Customer Match 

 (Pausa 15 min)

Sabato 18 giugno 2022, dalle 10.45 alle 12.45

Modulo strategia di comunicazione

  • La comunicazione SEA (search engine advertising) ottimizzazione dei testi per una adv efficace

PERCHÉ ACQUISTARE IL NOSTRO CORSO

  • Interazione diretta con la docente durante il corso
  • Esercitazioni pratiche
  • Slide scaricabili
  • Attestato di partecipazione
  • Modulo extra di strategia di comunicazione
  • Massima professionalità: grazie ai nostri docenti con alle spalle oltre 5.000 ore di formazione nella comunicazione strategica e di marketing.
  • Early bird booking: accesso ad un’offerta speciale limitata

PREZZO E MODALITÀ D’ISCRIZIONE

Corso singolo (entry o pro level): 180,00 €

Corso doppio (entry + pro level): 290,00 €

Ma… tutti quelli che si iscriveranno entro il 30/05/22 avranno accesso all’offerta limitata early bird:

Corso singolo (entry/pro level): 180,00 € 150,00 €

Corso doppio (entry + pro level): 290,00 € 250,00 €

Per iscriversi basta mandare una mail di richiesta a segreteria@profili.eu indicando:

NOME E COGNOME

MAIL

CORSO: singolo a scelta tra Entry o Pro Level oppure entrambi.

L’iscrizione sarà CONFERMATA esclusivamente previo versamento quota via Paypal o bonifico bancario a Profili Srls. Una volta effettuato il pagamento, riceverai un link per connetterti al corso.

DOCENTI

Valeriya Kilibekova

Consulente di marketing e digital adv director di Profili, ha numerose esperienze di consulenza di marketing per enti culturali e per aziende. È esperta in campagne di comunicazione, tradizionale e digital, con all’attivo numerosi casi di successo.

Darca Stefanini

Consulente editoriale e senior editor di Profili, da più di vent’anni si occupa di creatività e produzione di contenuti. Vanta un’esperienza di primo livello in grandi enti culturali e di consulenza per aziende.

Per maggiori info contattaci qui: segreteria@profili.eu

Ti aspettiamo!

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Customer Match. Un passo verso il nuovo ecosistema digitale

La privacy degli utenti diventa sempre più importante. Molte piattaforme abbandonano gradualmente le campagne remarketing e retargeting basate sui cookie a causa di modifiche della privacy, dei browser e delle normative.

Per questo motivo l’unica soluzione percorribile sembra quella dei dati proprietari. Queste informazioni, come nome, email, numero di telefono e comportamenti online e offline, permettono all’azienda conoscere meglio la propria utenza e, di conseguenza, soddisfare al massimo le loro esigenze. 

Oggi vogliamo parlarvi di Customer Match di Google Ads. Non si tratta di una novità, bensì di una semplificazione, un miglioramento nell’utilizzo avvenuto a novembre 2021 che ha reso questo strumento sfruttabile appieno da moltissimi inserzionisti di Google.

Customer Match permette di utilizzare dati proprietari della vostra realtà, per raggiungere i propri clienti, coinvolgerli nuovamente e trovare dei nuovi segmenti di pubblico simile. Qui un approfondimento dettagliato.

Come possiamo utilizzare al meglio questo strumento? Facciamo qualche esempio pratico!

  • Per rafforzare il rapporto con i clienti già esistenti:
    •  riservando loro una promozione o un servizio esclusivo, come ad esempio: una private sale prima dell’inizio dei saldi, un biglietto a prezzo speciale, un evento;
    • proponendo un prodotto o un servizio che potrebbe creare interesse (cross selling): un trattamento mani per una persona che ha fatto manicure, un foulard in pendant con una borsa appena acquistata, il biglietto per uno spettacolo simile, con lo stesso attore, regista, o tematica; 
    • riattivando i clienti inattivi o poco attivi, magari sfruttando qualche promozione o un’offerta appetibile;
  • Per trovare nuovi clienti simili ai tuoi migliori clienti, grazie agli interessi e comportamenti simili.

Oltre alle relazioni con i clienti, Customer Match è un indicatore importante nelle offerte automatiche, quindi permette di ottimizzare il valore delle conversioni durante ogni singola asta.

E ora qualche soluzione pratica per ottimizzare al meglio le vostre campagne utilizzando Customer Match

  • La mia realtà appartiene ad un settore competitivo e il mio budget è troppo basso: crea un elenco di pubblico simile e fai un’offerta più alta su queste persone mentre cercano le parole chiave generiche;
  • La mia azienda offre solo una soluzione di vendita una tantum: carica un elenco clienti ed escludili delle tue campagne;
  • Nella mia realtà si vendono abbonamenti o rinnovi a tempo: segmenta i tuoi clienti in gruppi in base a quanto sono lontani dal rinnovo. Attiva le campagne solo per gli elenchi con le persone prossime al rinnovo.
    Per arrivare ai prospect nuovi, crea un elenco di pubblico simile e rivolgiti a coloro che acquistano dai tuoi competitor. In questo caso dovresti mettere in evidenza le qualità della tua azienda, per quale motivo sei più giusto per loro;
  • La mia azienda ha un portale a cui gli utenti si registrano: puoi escludere del tutto l’utenza registrata, risparmiando così il budget, oppure segmentare gli utenti in gruppi più piccoli e rivolgere a loro dei messaggi specifici;
  • La mia azienda vuole vendere subito ai prospect: carica l’elenco dei clienti esistenti, escludili dalla campagna, nella campagna nuova crea un annuncio molto catchy, come, ad esempio “50% di sconto per il tuo primo acquisto”.

Quale di queste soluzioni vi sembrano più adatte alla vostra realtà? Cosa comincerete a sperimentare in primis? Siamo sempre disponibili per un confronto o un suggerimento riguardo le campagne ads.

Valeriya Kilibekova

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È il momento del marketing

La pandemia che l’Italia e il mondo hanno attraversato a partire dal 2020, e di cui stiamo ancora vivendo le conseguenze, ha portato cambiamenti fondamentali in tutti gli ambiti della nostra esistenza compresa, naturalmente, la vita culturale.

Come noto, il settore della cultura è stato tra i più colpiti dallo stop all’economia che il Coronavirus ha imposto: mostre e musei hanno dovuto interrompere la loro attività, i teatri hanno riaperto praticamente a settembre di quest’anno, anche se con delle limitazioni di posti, i festival si sono svolti in tempi ridotti, se non direttamente on-line. Questo ha portato a conseguenze negative, non solo produttive ed economiche, ma anche per quanto riguarda il pubblico. Nello spettacolo dal vivo si registra infatti un generale calo di spettatori, e ancor più di abbonati; i musei e le mostre vedono un leggero recupero, anche a causa del rinnovato flusso turistico verso l’Italia, ma si è ancora lontani dai livelli del 2019.

Molte le motivazioni alla base di questa tendenza: indubbiamente, la paura di stare, seduti o in piedi, vicino a degli sconosciuti, dopo che praticamente per due anni ci è stato detto di tenere le distanze con attenzione. Ma anche la riduzione dei posti per i teatri e il contingentamento delle entrate per i musei e, più in generale, un indubbio cambiamento delle abitudini personali e familiari: si esce, e si spende di meno e si passa più tempo libero in casa, anche per la forte crescita dei canali televisivi via satellite e in streaming. Sul calo del pubblico ha certamente influito anche il fatto che il Coronavirus ha colpito in particolare la fascia di popolazione di età medio-alta, più presente tra i frequentatori della cultura, soprattutto dello spettacolo dal vivo.

Come affrontare quindi questi problemi?

Come far ritornare il nostro pubblico “storico” e, contemporaneamente, attirare il “non pubblico”[1] e i giovani, due dei Sacri Graal più misteriosi e difficili da raggiungere della promozione culturale?

La risposta è nel Marketing: uno strumento, o meglio una serie di strumenti, presenti e attivi da anni anche nel settore della cultura, ma che vedono ancora una poco comprensibile ritrosia alla loro completa attivazione, come se questa comportasse una forzatura o, ancora peggio, una “svendita” al mercato.

Naturalmente non è così, e la nostra pluriennale esperienza in questo settore lo dimostra. Voglio qui di seguito evidenziare perciò alcune indicazioni, derivanti dalla nostra esperienza professionale, su come implementare un’attività di marketing all’interno della propria struttura culturale.

Queste indicazioni sono collegate ai 4 principali strumenti del marketing, detti “leve di marketing”, raccolti nel cosiddetto Marketing Mix: l’insieme degli strumenti che possono essere utilizzati dall’impresa nella sua attività di marketing, secondo la definizione accademica. Le leve di marketing sono appunto 4, in inglese rappresentate da 4 P, e precisamente Prodotto (Product), Prezzo (Price), Comunicazione (Promotion) e Distribuzione (Place). Vediamo alcune loro possibili declinazioni operative, a mio parere utili per il settore della cultura.

Le 4 P del marketing: Product

Nel mondo aziendale, le decisioni di marketing relative al prodotto hanno l’obiettivo di migliorarlo e adattarlo ai bisogni dei consumatori. Nella cultura questo non è pienamente possibile, essendo il prodotto frutto di una creazione artistica, e quindi per definizione poco, o per nulla modificabile. Tuttavia, si possono identificare prodotti o servizi accessori, che costituiscono declinazioni del prodotto “principale” e che hanno l’obiettivo di renderlo più vicino ai bisogni del pubblico; su questi elementi si può, e si deve lavorare. Ad esempio, i periodi e i luoghi dove si tiene un evento: la pandemia ha costretto a modificare le date e anche le location (compreso l’on-line) di molti eventi; in alcuni casi, queste nuove collocazioni si sono dimostrate più funzionali delle precedenti. Oppure, la programmazione e la calendarizzazione: quali eventi programmare, in quale ordine, in quale periodo dell’anno, con quale durata. E ancora, i servizi al pubblico propriamente detti: customer care, assistenza, personale dedicato ecc. E, soprattutto, i due prodotti per eccellenza del settore culturale, su cui si può fare davvero ancora molto: gli abbonamenti teatrali (in Italia particolarmente diffusi, rispetto ad altri Paesi) e le membership card, in particolare per i musei (su cui, invece, la strada da percorrere è ancora lunga).

Le 4 P del marketing: Price

Una leva su cui, nella cultura, c’è ancora molto da fare. Anche per l’errata abitudine di ritenere l’incasso, o il fatturato, in qualche modo accessorio rispetto alle altre fonti di finanziamento (istituzioni pubbliche, fondazioni, bandi, sponsor, ecc…). Invece, pianificare in maniera corretta un prezzo, o meglio un portafoglio di prezzi da proporre per le nostre attività, ma anche ridefinire le categorie, le riduzioni, le offerte speciali e, per i teatri, ripensare le piante delle sale in un’ottica di maggior efficienza sono tutti strumenti che, dalla nostra esperienza, possono dare un boost notevolissimo a delle entrate che, tra l’altro, sono immediate, non rateizzate come le altre che abbiamo citato.

Le 4 P del marketing: Promotion

Storico ambito di eccellenza della cultura (tra i primi settori a creare un Ufficio Stampa, ma anche a comunicare sul web e sui social, ecc…) vede ancora notevoli possibilità di sviluppo, in particolare nel digital marketing: sono molti i siti Internet non progettati in maniera efficiente per il mobile (ricordiamo che, dagli ultimi dati Audiweb, in Italia quasi il 90% della popolazione tra 18 e i 74 anni accede al web da smartphone o tablet), come pure notevoli sono le aree di miglioramento per quanto riguarda i social, sia dal punto di vista dei contenuti che per i media da attivare (ad esempio, LinkedIn e in alcuni casi TikTok possono rappresentare interessanti direzioni di sviluppo). In ogni caso, il settore culturale appare ancora legato a logiche di comunicazione e di gestione del budget decisamente poco efficienti.

Le 4 P del marketing: Place

Anche in questo caso, la cultura è stata, già dalla fine degli anni ’90, tra i primi settori a introdurre la vendita di biglietti on-line, appoggiandosi in genere a sistemi di biglietteria esterni. In oltre 20 anni, però, la situazione non appare particolarmente mutata: i link alla vendita sui siti sono spesso poco visibili o accessibili solo da aree “riservate”, gli stessi sistemi di biglietteria sono in molti casi arretrati e poco flessibili, poco lo spazio dedicato a servizi a valore aggiunto, promozioni, offerte speciali, … Come pure, occorrerebbe implementare nuovi sistemi di vendita, ad esempio sportelli automatici, app, ecc…

In questo momento post-pandemico, dove stiamo capendo progressivamente cosa, di quello che sappiamo fare, funziona ancora e cosa, invece, dobbiamo sperimentare e validare, anche le strategie di promozione del pubblico devono necessariamente cambiare. E questo si può fare solo con un approccio ragionato al marketing e ai suoi strumenti, per gettare le basi per un futuro più solido e duraturo.


[1] Persone che hanno caratteristiche coincidenti con quelle del pubblico delle attività culturali, che però non le seguono.

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On the internet, in the internet

Ne abbiamo letto ovunque e finalmente oggi tocca a noi dire la nostra: parliamo della novità lanciata da Facebook, il Metaverso!

Anzitutto, dopo tutti questi titoli da clickbait, facciamo un po’ di chiarezza: no, Facebook non cambia nome. Il nome che cambierà è quello dell’intera holding che gestisce Facebook, WhatsApp e Instagram, passando da Facebook inc. a Meta Platforms inc.

Il 28 ottobre si è tenuta l’annuale conferenza di Facebook keynote Connect, è proprio durante questa che Mark Zuckerberg ha presentato la sua ultima novità, il progetto Metaverse e non è di certo il cambio del nome della holding ad aver fatto scatenare tutto il web. La scelta di dare una svolta a Facebook è la novità, nonché una mossa intelligente per dare nuova vita a questo social, dopo le pessime news dell’ultimo periodo tra privacy e down.

Cos’è Meta?

Mark Zuckerberg ha presentato quello che probabilmente tutti ci aspettavamo ma che allo stesso tempo temevamo: il futuro del world wide web. Quali saranno i cardini di questa realtà? La socialità, il gaming e il lavoro. Un universo nuovo creato dall’unione di realtà, realtà virtuale e realtà aumentata. Un po’ come in Ready Player One, dove il mondo vive con un visore 3D sempre indossato, ma con la componente gaming meno protagonista.

novità Facebook metaverso realtà aumentata virtuale

Quello che si prospetta davanti a noi è una commistione di social networks, gaming, brand, aziende, business e soprattutto di creators. Sì, i creators. Mark Zuckerberg ha chiesto proprio a loro di cooperare e lavorare alla co-creazione dell’universo Meta. Il motivo pensiamo sia abbastanza evidente a tutti: sono loro a dettare le regole dei social, dei trend e al giorno d’oggi muovono un’economia da miliardi di dollari. I creators potranno, e secondo Zuckerberg dovranno, costruire gli spazi (o meta-spazi?) da zero, gratis o a subscription, generando introiti e facendo collaborare aziende, brand e realtà differenti con le proprie community.

Alienazione od opportunità?

Su internet abbiamo letto di tutto sul Metaverso, principalmente però abbiamo trovato critiche a questo futuro tecnologico, prevedendo una sempre maggiore alienazione delle persone. Proprio per questo, prima di scrivere la nostra opinione, ci sembrava opportuno aspettare per darvi delle informazioni non superficiali, ma complete con una visione a 360°

Per prima cosa, perché alienazione? Un nuovo metodo comunicativo e di interazione non significa per forza isolamento, può significare opportunità e amplificazione dei contatti, sicuramente non fisici, ma non meno importanti o unici. 

Cosa si potrà fare? Avere un avatar, allenarsi, uscire con gli amici, giocare con la famiglia, andare ad una mostra, organizzare un meeting aziendale o, perché no, visitare una città dall’altra parte del mondo.

Gli spazi verranno arredati con mobili virtuali, le boutique venderanno abiti per il tuo avatar e indosserai scarpe digitali. Proprio questa settimana Nike ha subito colto l’occasione, proponendo di applicare i propri marchi registrati anche nel mondo virtuale. 

Non saremo più on the internet, ma in the internet.

Se si pensa al mondo della cultura e a quanto il digitale non abbia funzionato durante il lockdown, questa realtà potrebbe veramente rappresentare una svolta. Non verrebbe a mancare l’emozione della visita “dal vivo” perché la realtà artificiale e aumentata combinate insieme consentirebbero di far percepire agli utenti delle pure e realistiche emozioni.

 Rapportiamo sempre il virtuale con il finto, invece di pensare che l’artificiale non escluda a prescindere il valore emozionale delle esperienze.

Che il digitale e la realtà virtuale non debbano rimpiazzare la realtà è ovvio, dovremo utilizzare Meta come uno strumento, non farlo diventare la nostra unica via. Detto questo, siamo sicuramente curiosi di conoscere ogni risvolto di questa nuova dimensione e scoprirne ogni segreto!

Ilaria Sibella

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Brunch d’arte: ritorna la versione estiva di #ProfiliTalk


Questa settimana ritorna #ProfiliTalk, il format online che abbiamo creato durante il primo lockdown per intervistare i professionisti della comunicazione.

#ProfiliTalk ritorna però in una versione estiva e con un focus sui musei e i poli espositivi. Ecco che nasce la nuova rubrica Brunch d’arte, una serie di dirette e interviste ai manager delle realtà museali, al fine di stimolare un confronto sul presente e sul futuro della cultura.

Di cosa parleremo?
Al centro dell’attenzione ci saranno musei e poli espositivi. Insieme ai professionisti culturali capiremo quali sono i “segreti” e le best practice della comunicazione per i musei, come ripartire dopo il lockdown e su cosa puntare per la ripartenza.

Dove saranno le dirette?
Sui nostri profili social FacebookYouTube e LinkedIn.

Quando?
Giovedì 22 e 29 luglio, dalle ore 12.30 alle 13.15.

Durante le live potrai commentare, fare domande e interagire con i professionisti in diretta.

Ospiti della puntata di giovedì 22 luglio:

Cesare Biasini Selvaggi (Roma, 1977) è un manager culturale, curatore indipendente e giornalista pubblicista. Dal 2017 è direttore editoriale del gruppo Exibartlab, delle testate exibart.com, exibart.onpaper ed exibart.tv dedicate alla ricerca e all’informazione sulle arti contemporanee in Italia e all’estero.

Co-founder dello studio professionale Barbara&Cesare di base a Roma, specializzato in comunicazione e marketing strategico per le imprese culturali e creative, è attualmente co-ideatore (con Andrea Maulini) del corso digitale di Web marketing della cultura e di Social media marketing della cultura (Fondazione OELLE Academy).

Giovanni Tarpani vive a Perugia. Nella sua vita ha avuto tre grandi passioni che si sono spesso incrociate con il lavoro quotidiano: l’impegno civile, l’organizzazione culturale, la comunicazione come valorizzazione territoriale. Difficile stabilire una gerarchia tra questi elementi, a volte è stato più semplice vedere una alchimia tra di loro nei risultati ottenuti negli anni. Dal 1995 al 2000 Assessore alla cultura del Comune di Perugia, successivamente Segretario Generale della Fondazione Umbria Jazz. In questa veste ha curato numerosi progetti all’estero. Come funzionario della Regione Umbria ha svolto un ruolo nella comunicazione pubblica istituzionale producendo diversi progetti che hanno avuto come finalità lo sviluppo di una strategia di branding territoriale. Ha scritto il libro “Branding Regione” edito dalla RED edizioni.

 Ospiti della puntata di giovedì 29 luglio:

Cristiana Mapelli, giornalista, ufficio stampa e comunicatrice culturale.
Classe 1980, nata nelle Marche ma vive a Perugia. Giornalista collaboratrice de Il Messaggero, “racconta storie”, ufficio stampa esperta nella comunicazione culturale e turistica, direttore responsabile del Magazine Real Umbria. Insieme ad Elisa Giulietti nell’anno del COVID ha fondato Gran Tour Perugia: società specializzata nella creazione di contenuti culturali a supporto di visitatori e turisti. Ovvero portare a spasso le persone invitandole a guardare la città da un punto di vista insolito e, soprattutto, con il naso all’insù.

Christian Gangitano (detto Chris Gangitano), milanese, nato nel 1972. 
Direttore Creativo, Curatore d’arte indipendente. 
Specializzato in street art e arte neo pop, per la rigenerazione urbana. Ha creato la street art gallery di Nolo sui muri di un quartiere divenuto modello cittadino di coesione sociale e rigenerazione territoriale.
Coordinatore dell’ Associazione Atelier Spazio Xpò, associazione non profit dal 2006, network di artisti italiani e internazionali. Ha organizzato le prime mostre e iniziative pubbliche di “street art” in Italia, già dalla fine degli anni ’90.

Ha curato l’iconografia del libro “le strade Parlano” una storia d’italia scritta sui muri, di Marco Imarisio, edizioni Rizzoli 2019 e “sono io Amleto” di Achille Lauro, edizioni Rizzoli 2018.

Scrive per la rivista d’arte “Arte In magazine”.

Co-fondatore e membro dell’ATS Casa degli Artisti , di Corso Garibaldi – Moscova dove, tra l’altro, coordina progetti di rigenerazione urbana in relazione ai quartieri della città.

Glenda Giampaoli, Direttrice Museale e Antropologa Tessile.
Sono un’antropologa tessile, Direttore del Museo della Canapa di Sant’Anatolia di Narco. Mi sono diplomata presso la Scuola di Specializzazione in Beni demoetnoantropologici dell’Università degli Studi di Perugia e nel settore tessile ho conseguito il diploma in Analyse des textiles anciens et aux technique de tissage presso il CIETA di Lione.

Ho concentrato le mie ricerche sui temi relativi all’expografia museale e sulla patrimonializzazione dei manufatti tessili in contesti museali.


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Abbecedario delle pubbliche relazioni digitali

Le relazioni pubbliche sono da sempre uno strumento strategico di creazione del valore, attualmente affiancate e spesso sostenute (se non addirittura sostituite) da quelle digitali. 

Il core delle digital PR risiede nell’interlocutore, spesso un influencer, un blogger, un vlogger, una redazione digitale, a cui viene inviato del materiale web che (allo stesso modo dei comunicati stampa) proponga una narrazione, un prodotto, un’esperienza. Un lavoro di grande passione e professionalità, che proveremo a sintetizzare per parole chiave:

Addetto alle pubbliche relazioni 🡪  il responsabile del rapporto tra la reputazione aziendale e la reazione del target di riferimento.

Brand Identity 🡪 elementi comunicativi che definiscono la reputazione di un’azienda, ovvero come questa viene percepita dal pubblico. Rappresenta il faro di ciascun PR.

Cliente 🡪 Il dialogo con il cliente è indispensabile: bisogna condividere con lui obiettivi e budget, identificando una strategia di intervento che sia in linea con la brand identity aziendale.

Data-base 🡪 rappresenta la cassaforte di ciascun esperto di digital pr: i contatti e la costruzione della relazione con gli stessi diventano i lingotti d’oro di questa professione.

Eventi 🡪 uno degli asset principali delle pr tradizionali, possono assolutamente diventarlo anche per quelle digitali. 

Fiducia 🡪 elemento fondante della relazione tra un digital pr e l’influencer/ blogger. La fiducia è quella forza che sposta l’attenzione dei destinatari da un qualsiasi pr a me.

Gassé Jean-Luis 🡪 (sviluppatore del sistema operativo BeOS) descrive così le PR: “Advertising is saying you’re good. PR is getting someone else to say you are good.”

Hashtracking 🡪 strumento ideale per chi lavora nel mondo della cultura, in particolare se si intende realizzare un evento: attraverso un hashtag specifico, si ottengono informazioni su chi utilizza proprio quel # e su quanto è influente il blogger.

Influencer marketing 🡪 forma di marketing basata sull’influenza che alcuni soggetti esercitano sul potere d’acquisto di altri: negli anni ’90 erano i testimonial, oggi sono persone qualunque che hanno acquisito nel tempo notorietà sul web. Il cambiamento quindi è sul canale di distribuzione: ieri erano tv e giornali, oggi sono i social media.

Lingua straniera 🡪 è imprescindibile la conoscenza almeno dell’inglese in un contesto globalizzato come quello del digitale.

Mail di ingaggio 🡪 elemento fondamentale delle digital pr così come lo erano i comunicati per l’ufficio stampa tradizionale. Caratteristiche: la personalizzazione (ovvero ciascun destinatario deve ricevere una comunicazione originale e in linea con quel che fa); la trasparenza (arrivare al dunque spiegando gli obiettivi della strategia di comunicazione); la brevità (sintesi ed empatia); 

Networking 🡪  Le stanze di networking sono adatte per coinvolgere i partecipanti a confrontarsi e avviare una conversazione su un argomento specifico. Grazie alle segmentazione è anche possibile definire un target a priori, con l’obiettivo di generare delle micro tribù all’interno delle piattaforme.

Online reputation 🡪 una buon reputazione online è in grado di smuovere le vendite; dunque questo aspetto è strettamente legato alle digital pr, poiché permette ai soggetti coinvolti (blogger e influencer) di suscitare o meno l’interesse degli utenti.

Post 🡪 se quel che chiediamo a un influencer è di redarre un post, diventa fondamentale che il materiale inviato nella documentazione allegata alla mail sia facilmente reperibile e lavorabile.

Quantificare i risultati 🡪 quali? I dati di traffico al sito dell’azienda, la SERP di Google, l’andamento dei profili social, lo stato backlink del sito dell’azienda solo per citarne alcuni.

Rapidità 🡪 nella risposta a qualsiasi suggestione inviata. E’ infatti fondamentale per il rapporto di fiducia, dare un immediato seguito alle richieste di influencer o blogger che abbiano risposto ad una nostra mail, ringraziando per l’attenzione accordataci.

Social network 🡪 conoscere la reputation del brand sui social media è fondamentale. Per farlo è necessario attivare un listening e, sulla base di un obiettivo definito e in linea con la propria immagine aziendale, si sceglierà il social network più adatto per presentarsi e fare un lavoro di engagement e di interazione con il cliente.

Teads Labs 🡪 strumento utile per le classifiche relative ai blog, per la ricerca tematica e per nazione; da citare anche Followerwonk che filtra utenti e influencer con parole chiave nella bio di Twitter. 

Uragani comunicativi 🡪 uno degli esempi più eclatanti di cattiva strategia è quel che è accaduto alcuni anni fa a Visit California e TTG Italia, con il lancio dell’iniziativa “California Dream Big” allo scopo di selezionare, attraverso un contest, 10 web influencer del settore turistico per un viaggio in California. Tuttavia,  alcuni blogger hanno dichiarato di essere stati contattati in anticipo rispetto al contest: un flop assoluto.

Vlog 🡪 progetto di content marketing basato sulla sequenzialità delle pubblicazioni per creare un racconto personale, così come il blog, ma utilizzando i video.

ZERO 🡪 il tasso medio di apertura delle email varia dal 17,8% (Campaign Monitor) al 22,15% (GetResponse). Quindi per farsi notare bisogna inviare contenuti interessanti, captive e che non finiscano in quello “zero”.

Darca Stefanini

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Come funzionano le consulenze di marketing e comunicazione

Il Teatro Metastasio di Prato, una delle più importanti strutture teatrali del centro Italia, nella primavera 2020 ha deciso di avviare un percorso formativo allo scopo di migliorare la propria comunicazione, soprattutto digital, per renderla più efficiente e innovativa. Il percorso formativo aveva come obiettivo, oltre a rendere più coerente e strategica la comunicazione, anche quello di apportare un miglioramento delle competenze di ciascun membro del team. 

Per approcciare questo tipo di formazione che andasse a toccare sia aspetti strategici che pratici della comunicazione, Profili ha deciso di strutturare le giornate formative in moduli anche per scendere più in profondità negli argomenti con i membri dello staff del teatro che fanno parte dei diversi dipartimenti. 

Il corso è stato creato ad hoc: dopo una serie di incontri con lo staff del teatro, è stato stilato un programma che andasse incontro alle esigenze dei vari dipartimenti della struttura. Tra i numerosi argomenti che sono stati protagonisti delle lezioni, lo staff di Profili ha deciso di puntare l’attenzione su:

  • Il marketing, ossia conoscere il pubblico per costruire i prodotti più efficaci.
  • La programmazione e la calendarizzazione, le piante dei teatri, il portafoglio prezzi e abbonamenti.
  • Il piano di comunicazione, il budget, le azioni tradizionali e digital
  • Il sito web e i social media, quali social sono più adatti per comunicare il teatro, quali le specificità di ciascuno.
  • L’analisi dei dati e quindi le vendite, gli incassi, le previsioni, ma anche risultati di comunicazione, e il monitoraggio dei social.
  • Il digital advertising: Google, Facebook, Instagram come funziona la comunicazione a pagamento nel web.

La situazione in essere della comunicazione del Teatro Metastasio è stato il punto di partenza dell’analisi. Le lezioni interattive hanno permesso al team della struttura di studiare la propria strategia adottata sino a quel momento e di metterne i luce gli aspetti positivi e i punti di debolezza. 

Dopo la conclusione del corso, il team di comunicazione del Teatro Metastasio ha iniziato un percorso di “ristrutturazione” della propria strategia di comunicazione andando a correggere i punti deboli e dando maggiore risalto ai punti di forza della propria comunicazione. La nuova strategia ha dato sin da subito dei frutti in termini di visibilità (con un aumento della copertura sui social network) e di coinvolgimento da parte degli utenti (con l’aumento dell’engagement).

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Marca e Marketing, le armi del B2B

C’è una definizione che mi ha colpito per la semplicità e l’immediatezza con la quale esprime il concetto di marca: brand vuol dire prendere qualcosa di comune, allo scopo di migliorarlo, in modo che acquisti significato e venga valorizzato (S. Bedbury, 2002).

Questa definizione ci spiega, senza fare distinzioni tra mercato b2b o b2c, come un qualsiasi prodotto o servizio possa assumere un valore superiore alle sue reali qualità. Un prodotto/servizio inteso nella sua accezione più ampia, dalla lattina di una bevanda zuccherata ad una seggiola da cucina, fino ad un software gestionale, ha bisogno di acquisire fedeltà, migliorare la sua reputazione e trasformarsi in una richiesta da parte del cliente.
Creare una marca che abbia, quindi, tutti gli attributi per essere solida ha un enorme peso negli equilibri generali di un’azienda, perché diventa una garanzia di qualità, di performance del prodotto oltre che di differenziazione dalla concorrenza.

Ancora di più nel Business to Business. È recente, infatti, il cambio di visione che il settore b2b ha adottato riguardo a come approcciarsi al proprio target. 

In passato si era convinti che priorità e modalità di azione di un’azienda b2b richiedessero di concentrare la propria attenzione nel massimizzare le transazioni commerciali tra imprese, mentre nel settore b2c la priorità fosse quella di “puntare” al consumatore finale. 

Questa visione errata ha portato a sottovalutare la centralità della costruzione della marca come elemento primario anche nella definizione dell’offerta nel commercio business to business. La scelta è ricaduta sulla più facile e diretta delle strategie da adottare: puntare su di una politica di forte vocazione alle vendite, mettendo nelle mani del sales department l’onere, più che l’onore, di fare crescere l’azienda sfruttando la propria personale capacità relazionale e di performance, relegando il reparto marketing quasi ad un ruolo di “sparring partner”. Il marketing doveva, in pratica, svolgere la sola mansione di supporto al settore commerciale, in un’ottica di breve periodo che poteva dare risposte più o meno concrete alla proprietà ma che, in una logica di costruzione di solidità aziendale, non garantiva alcuna stabilità; al contrario, portava l’azienda ad essere sempre più in balia dei trend di mercato e della volatilità dell’offerta.

marketing b2b

Costruire il valore di un brand rappresenta invece la possibilità di stabilizzare le performance di vendita e determinare le fondamenta su cui l’azienda potrà vivere negli anni futuri, dando la possibilità di programmare investimenti a medio/lungo periodo.

Andando ad analizzare più in profondità il settore b2b, sono molteplici le incognite che si frappongono e allungano i tempi per raggiungere i budget di vendita: i tempi per prendere le decisioni sono più lunghi del b2c, gli attori che possono intervenire sono molteplici, le informazioni che devono essere prodotte a supporto della vendita sono molte, gli aspetti funzionali relativi ai prodotti o ai servizi che devono essere comunicati sono più numerosi che nel mercato b2c.

Il cambiamento a cui la digital transformation sta conducendo il settore b2b cela al suo interno una serie di aspetti su cui riflettere. I processi di acquisto a cui le aziende fanno riferimento per attrarre i buyers industriali, ad esempio, si svolgono attraverso un customer journey nuovo, diverso da quello che è stato il campo da gioco in cui le aziende si sono mosse per molto tempo. Inoltre, nell’ultimo periodo la situazione pandemica ha accelerato con decisione la consapevolezza, da parte dei buyers, del potere della relazione digitale.

L’elemento che più di ogni altro ha cambiato le regole del gioco è il valore che ha acquistato il fattore di “anteriorità” dell’informazione verso le aziende e le loro offerte. Sempre più, infatti, la vendita si struttura prima che il venditore e il compratore si incontrino per conoscersi. Il raggiungimento di una brand equity solida, attraverso un’azione di comunicazione che parta dalla costruzione di un percorso di brand awareness consapevole e strutturato, è quindi essenziale per poter esprimere tutto il potenziale di un’azienda.

Conoscere bene il proprio interlocutore, capire le sue necessità, intercettare i suoi bisogni fino ad anticiparli diventa quindi cruciale e prioritario.

Marketing e vendite, oggi più che mai, devono quindi dialogare a strettissimo contatto e integrarsi, per esprimere al meglio gli attributi della propria offerta. 

Il brand assume il ruolo di artefice nella semplificazione dei processi decisionali e nella riduzione del rischio percepito. Avere cura del proprio brand non è perciò solo indice di una visione a lungo termine ma rappresenta il modo migliore per portare avanti un’azione concreta di sales activation.

Dino Piccinelli

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La creatività vista da Arnaldo Mangini

Cos’è la creatività? Chi è creativo e chi può essere considerato tale? Che differenza c’è tra un creativo e un artista? E’ complicato rispondere senza fare le dovute riflessioni. La parola creativo è uno dei termini più inflazionati degli ultimi tempi. Tanti si riconoscono in questa definizione. Effettivamente tutti siamo creativi. L’uomo per definizione è un creativo, uno sperimentatore, un essere che si spinge oltre i suoi limiti per scoprire cose nuove. Con l’avvento dei social media la definizione di creativo caratterizza quella moltitudine di influencer o aspiranti tali che riempiono le piattaforme di contenuti. Chi lo fa di professione associa alla creatività di contenuti la promozione di prodotti commerciali. Quindi spesso nei social la creatività è strettamente legata a fini economici.

Io non mi sono mai definito un creativo, né ho mai pensato di rientrare in questa definizione. Piuttosto mi sono sempre riconosciuto nella definizione di artista in quanto la mia professione principale è quella di attore comico specializzato nella clownerie. Dopo il successo sulla piattaforma di Tik Tok sono entrato anch’io nella definizione di creativo. Ma qual è allora la differenza tra artista e creativo? Che cosa è cambiato dalla mia vita professionale precedente?
Il creativo per quello che riguarda i social media non è solo chi crea contenuti, è colui che conosce e capisce lo strumento, in questo caso il mezzo di comunicazione, e lo utilizza per comunicare o per trasmettere qualcosa riuscendo spesso ad essere virale.
Per quello che riguarda Facebook un esempio di pagina creativa è la Taffo Funeral Services, per Instagram la nota Chiara Ferragni. Entrambi creano contenuti che su quelle piattaforme funzionano e attirano sempre più nuovi follower ad interagire con loro.

Ph. Cristian Storto

La stessa dinamica è accaduta sui miei profili social, in particolare su Tik Tok. Questa piattaforma si è rivelata il mezzo ideale attraverso il quale i miei contenuti diventano virali. Vuoi perché la mia esperienza nel campo dell’intrattenimento conta parecchi anni, vuoi perché sono abituato ad interagire con qualsiasi persona grazie al linguaggio universale della clownerie, oppure vuoi per la mia volontà di mettermi in gioco.

La sfida più difficile è far coincidere l’artista con il creativo, riuscire a racchiudere in quella manciata di secondi un messaggio che stimoli un’idea o un’emozione. Non è facile essere così sintetici e suggestivi, ma studiare arte ti insegna quanto sia indispensabile eliminare il superfluo.

Essere creativo per me vuol dire saper creare qualcosa a partire da sé stessi, sapendosi contaminare con l’attualità. Riuscire a parlare il linguaggio contemporaneo. Essere ispirati ed avere gli strumenti per esternare quel materiale interiore che si trova allo stato grezzo e che deve diventare qualcos’altro. Come un diamante che deve essere lavorato per poter acquistare un certo valore.
Importante è non pensare al risultato ma riuscire a stare nel processo creativo tutti i giorni con costanza, senza bramare il successo.

Personalmente per favorire questo processo giro sempre con un piccolo quaderno su cui annotare le idee che mi vengono in mente. La mattina registro i video per i social, mentre la sera mi dedico più ad altre mie attività, come la pittura o la scrittura. Ma non c’è un orario preciso in cui la creatività bussa alla porta, bisogna essere sempre pronti. Alle volte quando arriva lo stimolo esterno giusto, l’idea giusta e il momento giusto, si crea una sorta di alchimia e allora può accadere la magia che in molti chiamano creatività.

Arnaldo Mangini

Arnaldo Mangini è un attore comico di teatro/ clown italiano e content creator. La sua carriera artistica inizia negli anni ’90: Arnaldo partecipa a numerose trasmissioni televisive Rai, Mediaset e Sky anche nel ruolo di presentatore. Nei successivi anni di lavoro approfondisce la conoscenza della clownerie e lascia gli studi televisivi per abbracciare il mondo del teatro portando in giro per l’Europa lo spettacolo “The Arnaldo Mangini MrBean lookalike Show”. Da questo momento in poi la formazione artistica matura grazie allo studio, mai interrotto, che lo porta a frequentare alcuni dei più importanti clown della scena internazionale, come Leo Bassi, David Shiner e altri.

Oggi Arnaldo integra show offline e online, grazie alla stand-up comedy basata ampiamente sul linguaggio del corpo. Oltre alle numerose tournée internazionali, si è posizionato come content creator sui principali social media quali Instagram, YouTube e TikTok raggiungendo numeri di primo livello in poco tempo (+ 12 Milioni di fan).

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Che cos’è lo storytelling e come si costruisce una strategia narrativa

Negli ultimi anni stiamo assistendo a una sempre maggiore insistenza della comunicazione nelle nostre vite: una profusione di informazioni e contenuti che, almeno fino al 27 febbraio 2020, avevamo imparato a definire, iscrivendoli in format e media narrativi. Come scrive Andrea Fontana (sociologo della comunicazione e dei media narrativi e Premio Curcio alla cultura 2015), oggi le storie sono dappertutto, dalle video-novel di YouTube alle Instagram Stories, dalle narrazioni di marca al brand journalism, dagli spazi urbani alle piattaforme espanse.

A cui io aggiungerei, molto più banalmente: le foto, i testi, gli hashtag, i blog, i podcast, le playlist Spotify, i tormentoni TikTok e le board Pinterest: tutto quello insomma che va a comporre un immaginario di marca e non solo. Persino me stessa, le mie scelte di consumo, la mia proposta di un cinema agli amici, i gruppi virtuali, il mio lavoro con i teatri si sostanzia grazie alla mia narrazione che prova a convincere e a motivare oltre che a rappresentare la mia realtà.

E se è vero che l’essere umano è fatto di narrazione, se è vero che raccontarsi rappresenta uno degli slanci emotivi più naturali e che l’evoluzione umana passa anche attraverso la trasmissione di un sapere, mi affido allora alle parole sapienti di Alessandro Baricco: “Era un modo di stare al mondo, era il mondo della civiltà greca: anche i fatti più grandi che tu potevi fare accadere nel mondo non erano nulla se tu non riuscivi a cucirli dentro il tessuto di una narrazione che era più grande di te. Orfano di una storia potevi essere un combattente pazzesco, ma eri orfano della realtà. Si costruivano la realtà che abitavano, e la realtà era fatta di ciò che potevano fare e della narrazione dove appoggiavano quello che potevano fare. Questo ci hanno insegnato i padri dei nostri padri.” La realtà, dunque, passa attraverso il racconto della stessa: la costruiamo e in qualche modo ne veniamo influenzati, assoggettati, persuasi.

Con la pandemia siamo addirittura andati oltre: è oramai chiaro a tutti quanto la schizofrenia comunicativa, che sta caratterizzando la diffusione delle informazioni dallo scorso giugno 2020 e si sostanzia con la costante “rottura” delle promesse, stia generando un fortissimo disagio sociale, che potrebbe essere ridotto ripristinando comunicazione politica coerente, in grado di mantenere le promesse e renderci tutti più consapevoli.

Che in fin dei conti, è un po’ questo il senso del nostro bellissimo e prezioso lavoro di storyteller: costruire delle storie non solo emozionanti, ma anche credibili…e la credibilità passa attraverso il mantenimento di una promessa, che è una vision, una brand value proposition, un package efficace, un riposizionamento… insomma qualsiasi asset che conduca le persone a fare una determinata scelta di consumo. Perché attenzione: comunicare un prodotto/servizio (affinché venga scelto tra centinaia) implica la creazione di un consenso, che a sua volta (citando Paolo Iabichino) generi “fiducia, il sentimento che muove gli acquisti”.

Chiaramente il consenso (e quindi poi la fiducia e la scelta finale) è frutto di un lavoro costante, non solo di comunicazione, ma che proprio nella comunicazione trova il volano per aumentare il capitale di partenza del prodotto/servizio.

Come si costruisce quindi una strategia narrativa oggi?

1) Fondamentale è avere ben chiaro l’obiettivo della nostra azione di comunicazione, che può essere estremamente variegato e andare dal raccontare un riposizionamento all’aumentare le vendite, dal fare brand awareness al conoscere meglio il target, dal gestire un crise management al lanciare un nuovo prodotto, e così via. Ciascuno di questi obiettivi si porta dietro di sé una serie di azioni di comunicazione diverse, ma che concorrono tutte alla costruzione di una connessione di valore tra un brand e il target di riferimento, dove il contenuto deve “iniettare porzioni di senso dentro una narrazione di marca. E debba farlo consapevolmente. Sapendo che il senso di un brand si costruisce lentamente, a piccole dosi di coerenza e impegno. messaggio di marca.” (Paolo Iabichino).

2) Contenuto che, come si diceva, assume un impegno con il target (una promessa, appunto) e che non andrebbe mai disilluso. Tanto importante quanto l’obiettivo è dunque la coerenza/credibilità, nel contenuto del messaggio, nella scelta dei canali attraverso cui comunicare, nel rispetto di chi fa parte dell’organizzazione che stiamo andando a comunicare e ovviamente del mercato di riferimento.

3) Fondamentale per non perdersi è la creazione di un piano editoriale, che metta al centro un concept di comunicazione e tenga assieme obiettivo, target, messaggio e canali.

4) Saper scrivere, rispettando le 5 W del giornalismo.

5) Saper leggere gli insight.

Facile no?

Darca Stefanini