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Che cos’è lo storytelling e come si costruisce una strategia narrativa

Negli ultimi anni stiamo assistendo a una sempre maggiore insistenza della comunicazione nelle nostre vite: una profusione di informazioni e contenuti che, almeno fino al 27 febbraio 2020, avevamo imparato a definire, iscrivendoli in format e media narrativi. Come scrive Andrea Fontana (sociologo della comunicazione e dei media narrativi e Premio Curcio alla cultura 2015), oggi le storie sono dappertutto, dalle video-novel di YouTube alle Instagram Stories, dalle narrazioni di marca al brand journalism, dagli spazi urbani alle piattaforme espanse.

A cui io aggiungerei, molto più banalmente: le foto, i testi, gli hashtag, i blog, i podcast, le playlist Spotify, i tormentoni TikTok e le board Pinterest: tutto quello insomma che va a comporre un immaginario di marca e non solo. Persino me stessa, le mie scelte di consumo, la mia proposta di un cinema agli amici, i gruppi virtuali, il mio lavoro con i teatri si sostanzia grazie alla mia narrazione che prova a convincere e a motivare oltre che a rappresentare la mia realtà.

E se è vero che l’essere umano è fatto di narrazione, se è vero che raccontarsi rappresenta uno degli slanci emotivi più naturali e che l’evoluzione umana passa anche attraverso la trasmissione di un sapere, mi affido allora alle parole sapienti di Alessandro Baricco: “Era un modo di stare al mondo, era il mondo della civiltà greca: anche i fatti più grandi che tu potevi fare accadere nel mondo non erano nulla se tu non riuscivi a cucirli dentro il tessuto di una narrazione che era più grande di te. Orfano di una storia potevi essere un combattente pazzesco, ma eri orfano della realtà. Si costruivano la realtà che abitavano, e la realtà era fatta di ciò che potevano fare e della narrazione dove appoggiavano quello che potevano fare. Questo ci hanno insegnato i padri dei nostri padri.” La realtà, dunque, passa attraverso il racconto della stessa: la costruiamo e in qualche modo ne veniamo influenzati, assoggettati, persuasi.

Con la pandemia siamo addirittura andati oltre: è oramai chiaro a tutti quanto la schizofrenia comunicativa, che sta caratterizzando la diffusione delle informazioni dallo scorso giugno 2020 e si sostanzia con la costante “rottura” delle promesse, stia generando un fortissimo disagio sociale, che potrebbe essere ridotto ripristinando comunicazione politica coerente, in grado di mantenere le promesse e renderci tutti più consapevoli.

Che in fin dei conti, è un po’ questo il senso del nostro bellissimo e prezioso lavoro di storyteller: costruire delle storie non solo emozionanti, ma anche credibili…e la credibilità passa attraverso il mantenimento di una promessa, che è una vision, una brand value proposition, un package efficace, un riposizionamento… insomma qualsiasi asset che conduca le persone a fare una determinata scelta di consumo. Perché attenzione: comunicare un prodotto/servizio (affinché venga scelto tra centinaia) implica la creazione di un consenso, che a sua volta (citando Paolo Iabichino) generi “fiducia, il sentimento che muove gli acquisti”.

Chiaramente il consenso (e quindi poi la fiducia e la scelta finale) è frutto di un lavoro costante, non solo di comunicazione, ma che proprio nella comunicazione trova il volano per aumentare il capitale di partenza del prodotto/servizio.

Come si costruisce quindi una strategia narrativa oggi?

1) Fondamentale è avere ben chiaro l’obiettivo della nostra azione di comunicazione, che può essere estremamente variegato e andare dal raccontare un riposizionamento all’aumentare le vendite, dal fare brand awareness al conoscere meglio il target, dal gestire un crise management al lanciare un nuovo prodotto, e così via. Ciascuno di questi obiettivi si porta dietro di sé una serie di azioni di comunicazione diverse, ma che concorrono tutte alla costruzione di una connessione di valore tra un brand e il target di riferimento, dove il contenuto deve “iniettare porzioni di senso dentro una narrazione di marca. E debba farlo consapevolmente. Sapendo che il senso di un brand si costruisce lentamente, a piccole dosi di coerenza e impegno. messaggio di marca.” (Paolo Iabichino).

2) Contenuto che, come si diceva, assume un impegno con il target (una promessa, appunto) e che non andrebbe mai disilluso. Tanto importante quanto l’obiettivo è dunque la coerenza/credibilità, nel contenuto del messaggio, nella scelta dei canali attraverso cui comunicare, nel rispetto di chi fa parte dell’organizzazione che stiamo andando a comunicare e ovviamente del mercato di riferimento.

3) Fondamentale per non perdersi è la creazione di un piano editoriale, che metta al centro un concept di comunicazione e tenga assieme obiettivo, target, messaggio e canali.

4) Saper scrivere, rispettando le 5 W del giornalismo.

5) Saper leggere gli insight.

Facile no?

Darca Stefanini