La pandemia che l’Italia e il mondo hanno attraversato a partire dal 2020, e di cui stiamo ancora vivendo le conseguenze, ha portato cambiamenti fondamentali in tutti gli ambiti della nostra esistenza compresa, naturalmente, la vita culturale.
Come noto, il settore della cultura è stato tra i più colpiti dallo stop all’economia che il Coronavirus ha imposto: mostre e musei hanno dovuto interrompere la loro attività, i teatri hanno riaperto praticamente a settembre di quest’anno, anche se con delle limitazioni di posti, i festival si sono svolti in tempi ridotti, se non direttamente on-line. Questo ha portato a conseguenze negative, non solo produttive ed economiche, ma anche per quanto riguarda il pubblico. Nello spettacolo dal vivo si registra infatti un generale calo di spettatori, e ancor più di abbonati; i musei e le mostre vedono un leggero recupero, anche a causa del rinnovato flusso turistico verso l’Italia, ma si è ancora lontani dai livelli del 2019.
Molte le motivazioni alla base di questa tendenza: indubbiamente, la paura di stare, seduti o in piedi, vicino a degli sconosciuti, dopo che praticamente per due anni ci è stato detto di tenere le distanze con attenzione. Ma anche la riduzione dei posti per i teatri e il contingentamento delle entrate per i musei e, più in generale, un indubbio cambiamento delle abitudini personali e familiari: si esce, e si spende di meno e si passa più tempo libero in casa, anche per la forte crescita dei canali televisivi via satellite e in streaming. Sul calo del pubblico ha certamente influito anche il fatto che il Coronavirus ha colpito in particolare la fascia di popolazione di età medio-alta, più presente tra i frequentatori della cultura, soprattutto dello spettacolo dal vivo.
Come affrontare quindi questi problemi?
Come far ritornare il nostro pubblico “storico” e, contemporaneamente, attirare il “non pubblico”[1] e i giovani, due dei Sacri Graal più misteriosi e difficili da raggiungere della promozione culturale?
La risposta è nel Marketing: uno strumento, o meglio una serie di strumenti, presenti e attivi da anni anche nel settore della cultura, ma che vedono ancora una poco comprensibile ritrosia alla loro completa attivazione, come se questa comportasse una forzatura o, ancora peggio, una “svendita” al mercato.
Naturalmente non è così, e la nostra pluriennale esperienza in questo settore lo dimostra. Voglio qui di seguito evidenziare perciò alcune indicazioni, derivanti dalla nostra esperienza professionale, su come implementare un’attività di marketing all’interno della propria struttura culturale.
Queste indicazioni sono collegate ai 4 principali strumenti del marketing, detti “leve di marketing”, raccolti nel cosiddetto Marketing Mix: l’insieme degli strumenti che possono essere utilizzati dall’impresa nella sua attività di marketing, secondo la definizione accademica. Le leve di marketing sono appunto 4, in inglese rappresentate da 4 P, e precisamente Prodotto (Product), Prezzo (Price), Comunicazione (Promotion) e Distribuzione (Place). Vediamo alcune loro possibili declinazioni operative, a mio parere utili per il settore della cultura.
Le 4 P del marketing: Product
Nel mondo aziendale, le decisioni di marketing relative al prodotto hanno l’obiettivo di migliorarlo e adattarlo ai bisogni dei consumatori. Nella cultura questo non è pienamente possibile, essendo il prodotto frutto di una creazione artistica, e quindi per definizione poco, o per nulla modificabile. Tuttavia, si possono identificare prodotti o servizi accessori, che costituiscono declinazioni del prodotto “principale” e che hanno l’obiettivo di renderlo più vicino ai bisogni del pubblico; su questi elementi si può, e si deve lavorare. Ad esempio, i periodi e i luoghi dove si tiene un evento: la pandemia ha costretto a modificare le date e anche le location (compreso l’on-line) di molti eventi; in alcuni casi, queste nuove collocazioni si sono dimostrate più funzionali delle precedenti. Oppure, la programmazione e la calendarizzazione: quali eventi programmare, in quale ordine, in quale periodo dell’anno, con quale durata. E ancora, i servizi al pubblico propriamente detti: customer care, assistenza, personale dedicato ecc. E, soprattutto, i due prodotti per eccellenza del settore culturale, su cui si può fare davvero ancora molto: gli abbonamenti teatrali (in Italia particolarmente diffusi, rispetto ad altri Paesi) e le membership card, in particolare per i musei (su cui, invece, la strada da percorrere è ancora lunga).
Le 4 P del marketing: Price
Una leva su cui, nella cultura, c’è ancora molto da fare. Anche per l’errata abitudine di ritenere l’incasso, o il fatturato, in qualche modo accessorio rispetto alle altre fonti di finanziamento (istituzioni pubbliche, fondazioni, bandi, sponsor, ecc…). Invece, pianificare in maniera corretta un prezzo, o meglio un portafoglio di prezzi da proporre per le nostre attività, ma anche ridefinire le categorie, le riduzioni, le offerte speciali e, per i teatri, ripensare le piante delle sale in un’ottica di maggior efficienza sono tutti strumenti che, dalla nostra esperienza, possono dare un boost notevolissimo a delle entrate che, tra l’altro, sono immediate, non rateizzate come le altre che abbiamo citato.
Le 4 P del marketing: Promotion
Storico ambito di eccellenza della cultura (tra i primi settori a creare un Ufficio Stampa, ma anche a comunicare sul web e sui social, ecc…) vede ancora notevoli possibilità di sviluppo, in particolare nel digital marketing: sono molti i siti Internet non progettati in maniera efficiente per il mobile (ricordiamo che, dagli ultimi dati Audiweb, in Italia quasi il 90% della popolazione tra 18 e i 74 anni accede al web da smartphone o tablet), come pure notevoli sono le aree di miglioramento per quanto riguarda i social, sia dal punto di vista dei contenuti che per i media da attivare (ad esempio, LinkedIn e in alcuni casi TikTok possono rappresentare interessanti direzioni di sviluppo). In ogni caso, il settore culturale appare ancora legato a logiche di comunicazione e di gestione del budget decisamente poco efficienti.
Le 4 P del marketing: Place
Anche in questo caso, la cultura è stata, già dalla fine degli anni ’90, tra i primi settori a introdurre la vendita di biglietti on-line, appoggiandosi in genere a sistemi di biglietteria esterni. In oltre 20 anni, però, la situazione non appare particolarmente mutata: i link alla vendita sui siti sono spesso poco visibili o accessibili solo da aree “riservate”, gli stessi sistemi di biglietteria sono in molti casi arretrati e poco flessibili, poco lo spazio dedicato a servizi a valore aggiunto, promozioni, offerte speciali, … Come pure, occorrerebbe implementare nuovi sistemi di vendita, ad esempio sportelli automatici, app, ecc…
In questo momento post-pandemico, dove stiamo capendo progressivamente cosa, di quello che sappiamo fare, funziona ancora e cosa, invece, dobbiamo sperimentare e validare, anche le strategie di promozione del pubblico devono necessariamente cambiare. E questo si può fare solo con un approccio ragionato al marketing e ai suoi strumenti, per gettare le basi per un futuro più solido e duraturo.
[1] Persone che hanno caratteristiche coincidenti con quelle del pubblico delle attività culturali, che però non le seguono.